Benvenuti nell’universo femminile di LetteralMente Donna. Faremo un viaggio alla scoperta di una grande scrittrice e giornalista recentemente scomparsa. Parleremo di New Journalism, di donne e di narrativa. Abbiamo dedicato la puntata di oggi a Joan Didion e alle sue opere.
“Quando scrivo non credo di interpretare nessuno, perché il personaggio di uno scrittore è se stesso. Non lo considero alla stregua di interpretare un ruolo. È semplicemente un comparire dinanzi a un pubblico”.
Questa dichiarazione di Joan Didion in un’intervista ci fa comprendere come sia importante nella sua scrittura la propria esperienza personale. Didion d’altronde è stata una dei massimi esponenti del New Journalism. In questo movimento sviluppatosi in America tra gli anni 60-70′ che prevede accanto al semplice racconto di fatti l’introduzione di tecniche creative e narrative che prevedono la messa in campo della propria esperienza vita. Su questo schema nasce “Verso Betlemme”, il primo saggio della Didion sulla dissoluzione della controcultura californiana degli anni 60′ che tanto aveva segnato la sua vita.
Joan Didion, tra saggistica, esperienze personali e donne
La vita e le esperienze dolorose come la morte del marito, la malattia e la morte della figlia, ritornano nei saggi di Joan Didion intitolati “L’anno del pensiero magico” e “Blue nights” che le serviranno per elaborare il lutto trasformando le sue memorie in un racconto universale sul dolore. Sono opere che si muovono tra saggistica e narrativa e che insieme a “Da dove vengo” costituiscono la memoria storica di una donna. Una scrittrice che usa la scrittura per esorcizzare il suo dolore personale e come meditazione interiore.
La Didion è infine autrice di diversi romanzi come “Prendila così” e “Democracy” dove al centro della storia ci sono personaggi femminili. Sia nei saggi che nei romanzi la donna di Didion è una figura isolata, straniata e in fuga sullo sfondo di realtà dilaniate da conflitti politici e sociali. Un ritratto che non trascende dai problemi delle donne della generazione di Didion visti in maniera lucida e provocatoria.
Stefano Delle Cave
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