Prima di Joe Biden, nessun altro presidente degli Stati Uniti era stato in visita a Tulsa, la città del massacro che cento anni fa portò alla morte di centinaia di afroamericani.
Già questo basterebbe per sottolineare l’importanza della visita, ma quello nell’Oklahoma è un viaggio che assume connotati ancor più forti alla luce delle tensioni razziali che attanagliano il Paese a stelle e strisce, con il movimento “Black Lives Matter” che è tornato a far sentire la sua voce dopo l’uccisione di George Floyd nel 2020.
“Cento anni fa la fiorente comunità afroamericana di Greenwood a Tulsa fu spietatamente attaccata da una folla di suprematisti bianchi e almeno 300 afroamericani furono uccisi a sangue freddo mentre 10’000 restarono senza casa. Un secolo dopo, la paura e il dolore della devastazione si sentono ancora”, queste sono state le parole del presidente democratico prima di partire per l’Oklahoma, dove incontrerà privatamente gli unici tre sopravvissuti di quella tragedia ancora in vita: Viola Fletcher, Hughes Van Ellis e Lessie Benningfield Randle.
Biden ha approfittato dell’occasione per ribadire quali siano, tra le altre cose, i temi chiave della sua agenda: l’equità razziale e la giustizia per la comunità nera. Annunciate poi una serie di misure a favore della comunità afroamericana allo scopo di ridurre il gap di benessere con i bianchi. Tre i piani di azione principale. Il primo è quello di usare i poteri di spesa federale per aumentare del 50% i contratti con le piccole imprese detenute dalle minoranze, una mossa che secondo la Casa Bianca si tradurrà in ulteriori 100 miliardi di dollari in cinque anni.
Il secondo è investire dieci miliardi di dollari del piano di nuove infrastrutture onde rivitalizzare le comunità meno servite e sviluppate, come la stessa Greenwood. Il terzo è uno sforzo tra agenzie governative per superare le discriminazioni razziali nelle politiche abitative e una serie di sgravi fiscali per incentivare lo sviluppo di case per persone a basso reddito.
Il tenore di vita nel quartiere di Greenwood, a Tulsa, nell’Oklahoma, agli inizi del Novecento era molto alto. Qui vivevano oltre 10’000 afroamericani, impegnati soprattutto nel gestire importanti attività commerciali. Una sorta di isola felice molto insolita, visto che a quel tempo, di norma, le zone abitate dalla popolazione nera erano le più povere. Una tale ricchezza portò l’intellettuale afroamericano Booker T. Washington a definire il quartiere la “Black Wall Street”.
Cosa successe 100 anni fa a Tulsa
I fatti tra il 31 maggio e il 1° giugno 1921 hanno poi cancellato tutto questo benessere costruito nel tempo. A scatenare l’inferno fu un episodio controverso, avvenuto il 30 maggio. Dick Rowland, 19enne afroamericano, si trovava all’interno di un ascensore assieme a Sarah Page, 17enne bianca. L’unica cosa certa è che a un certo punto la giovane urlò, attirando sul posto diverse persone. Il motivo, secondo l’Oklahoma Historical Society, è che Rowland abbia schiacciato il piede alla ragazza.
Sui giornali locali la questione prese però una piega diversa. Molti scrissero che una donna era stata aggredita da un afroamericano e invitarono la popolazione bianca a trovarlo per linciarlo, come spesso accadeva in tutta la nazione. Malgrado la Page non avesse mai denunciato nulla, il 19enne fu arrestato. La sera del 31 maggio una comitiva di cittadini bianchi si radunò all’esterno del tribunale per farla pagare a Rowland. In sua difesa accorsero gli afroamericani e la situazione scappò di mano. Greenwood venne invasa dai bianchi, in numero decisamente maggiore, che misero a ferro e fuoco il quartiere. Molti furono anche i bombardamenti con aerei del Ku Klux Klan. I numeri esatti dei morti non è mai stato reso noto, le tesi sono discordanti, ma si parla di circa 300 cittadini di colore uccisi.