John Coltrane, l’autentico gigante che riscrisse le regole del jazz

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Di Redazione Metropolitan

Con la sua arte John Coltrane è riuscito a fondere musica e spiritualità. Alla fine degli anni ’40 iniziò ad affacciarsi al mondo del jazz, quando i locali di Manhattan ballavano sulle note del be-bop di Charlie Parker. Qualche anno dopo, con la morte di Parker, morì anche il be-bop, e l’entrata in scena di Coltrane fu immediata. Dopo questi anni, la cultura afroamericana sentì il bisogno di recuperare le proprie radici musicali.

John Coltrane fu la figura centrale di questo percorso e rese l’innovazione un puro ritorno al passato. A lui è associata, infatti, la nascita di un nuovo modo di comporre musica: i suoni vorticosi del suo sassofono e gli accordi improvvisati diedero vita a melodie ipnotiche. Da molti è considerato l’ultimo autentico gigante della musica jazz, e altrettanti altri definiscono gli anni successivi alla sua scomparsa come “era post-coltraniana”.

John Coltrane - Photo Credits: web
John Coltrane – Photo Credits: web

Gli anni del nuovo jazz

Il passaggio dagli anni ’50 agli anni ’60 segnò l’evoluzione del jazz, e non c’era mai stato così tanto spazio per sperimentare. Trane ebbe l’audacia di raggiungere l’apice della sua breve carriera in questi dieci anni, tra il 1955 e il 1965. La vera svolta avvenne quando, nel 1955, lo chiamò Miles Davis per lavorare insieme. Entrambi divennero i caposcuola del nuovo jazz, anche se in questi anni Coltrane cadde nell’abisso delle droghe. Per questo motivo, qualche mese dopo, Davis lo cacciò dal gruppo.

Coltrane iniziò allora a collaborare con il grande pianista Thelonious Monk: insieme erano complementari perché Monk aveva uno stile caratterizzato da frequenti e imprevedibili pause che Coltrane riusciva a prevedere e riempire con il sax. Suonavano hard-bop, un’evoluzione del be-bop degli anni ’40, la preferita dai musicisti neri. Nonostante non avesse un gruppo fisso, nel 1959 Coltrane pubblicò Giant Steps, l’album che determinò la sua ascesa musicale. Il disco mise in evidenza l’innata abilità nell’improvvisare, propria di Trane.

A Love Supreme, l’album jazz per eccellenza

La particolarità di John Coltrane risiedeva nella sua visione ancestrale della musica, non fine a se stessa ma intesa come mezzo per l’elevazione dell’essere umano e dello spirito. Il suo percorso di redenzione lo portò alla produzione del suo capolavoro nel 1964, A Love Supreme: il connubio perfetto fra musica e poesia, album in cui esprimeva la sua visione del mondo. Secondo la leggenda, in quel periodo John era solito praticare meditazione ogni sera: durante una seduta sentì letteralmente fluire nelle sue orecchie una nuova musica, e così decise di incidere il nuovo disco.

Copertina dell'album A Love Supreme (1964) - Photo Credits: web
Copertina dell’album A Love Supreme (1964) – Photo Credits: web

Divise l’album in quattro parti, Acknowledgement, Resolution, Pursuance e Psalm (letteralmente ringraziamento, risoluzione, conseguimento e salmo). Un vero e proprio percorso di congiungimento con l’elemento divino attraverso l’esperienza musicale. Sono parole sue:

La mia musica è espressione artistica della mia spiritualità, di quel che sono come uomo: è la mia fede, il mio sapere, la mia essenza.

Il free jazz e gli ultimi anni di vita

Negli ultimi anni della sua vita, tra il 1965 e il 1967, Trane si accorse di suonare secondo le aspettative altrui anziché ascoltando la propria anima. Fu così che si dedicò al free jazz, un’evoluzione del jazz standard che non prevedeva regole o strutture nei brani: l’armonia musicale era, perciò, affidata all’istinto e all’improvvisazione.

Perciò, John Coltrane rappresenta una personalità artistica in perenne rivoluzione. Grazie alla sua acuta sensibilità e alla sua innata maestria musicale, compì un percorso di ascesa dall’inferno delle droghe al nirvana della consapevolezza spirituale. Nel 1967 morì il musicista che in soli dieci anni di carriera riuscì a sconvolgere tutto il linguaggio del jazz.