L’11 agosto del 1966 John Lennon è costretto a scusarsi con gli Stati Uniti. L’occasione è una conferenza stampa, in cui tutto fa pensare sia stato costretto.
John Lennon, la pietra dello scandalo
Idolatrati, amati fino allo spasimo. I Beatles sono negli anni sessanta, santificati da innumerevoli fan. I baronetti di Liverpool scalano le classifiche, e con la stessa gloria sembrano in ascesa per la potenza divina. Sarà stata un’esaltazione, una superficialità, o un pensiero sfuggito fuori controllo. Ma John Lennon peccò di egocentrismo, di sarcasmo, di irriverenza. “Siamo più popolari di Gesù“, pronuncia durante una conferenza stampa, quando il suo ego arriva alle stelle. È il 4 marzo del 1966, e qualcuno rimane profondamente scosso, risentito, dall’impropria dichiarazione.
Chicago freme. Attende delle scuse per quella conferenza stampa in delirio di onnipotenza. Oltre a quella frase, finiscono sotto accusa, altre pubbliche parole, incriminate come contrarie ai “principi e valori espressi dalla religione cristiana”. Le scuse, arrivano, e sembrano del tutto circostanziali. Senza le quali, molte delle date previste per il tour statunitense rischiavano di saltare. Soltanto tre giorni prima, i Beatles danno alle stampe Revolver. Il loro album iconico. Che sia stata una trovata pubblicitaria? Ma i più puritani tra gli americani, i fedeli e tutti coloro che videro dell’esagerazione nei commenti del chitarrista cantante inglese, non erano disposti a soprassedere. Anche perché, la rivista per teenager “Datebook“, utilizza la frase incriminata di John Lennon, come copertina del numero di agosto.
Il falò con gli album, un’estate di fuoco
“Il cristianesimo scomparirà. Si consumerà e poi svanirà […] Siamo più popolari di Gesù. Non so cosa scomparirà prima: il rock’n’roll o il cristianesimo”. Queste le ulteriori parole pronunciate da John Lennon ai microfoni a marzo ’66. In Inghilterra, la patria dei Beatles, tali esternazioni non sollevano conseguenze quanto negli States, passando anche a scandalizzare il Vaticano. La band finisce addirittura nel mirino di organizzazioni come il Ku Klux Klan del fanatismo religioso, rischiando il boicottaggio. E si assiste allo scempio, spettacolo, del falò con i loro LP. Fino a temere per l’incolumità del gruppo stesso, pensando anche a un annullamento del tour. Così le scuse, diventano l’unica indispensabile, opportuna soluzione. E John pare sia stato costretto a scusarsi dal manager Brian Epstein.
Le parole scelte da Lennon, in conferenza stampa l’11 agosto del 1969, appaiono come ‘manna scesa dal cielo’, e hanno il loro benefico effetto: “Non sono contro Dio, contro Cristo o contro la religione. Non avevo alcuna intenzione di criticarla. Non ho affatto detto che noi eravamo migliori o più famosi. Non ho paragonato noi a Gesù Cristo come persona o a Dio come entità o qualsiasi altra cosa esso sia […]. Ho detto che avevamo più influenza sui ragazzi di qualsiasi altra cosa, compreso Gesù […]. Se avessi detto che la televisione era più popolare di Gesù probabilmente l’avrei passata liscia”. John non era solo, quel giorno all’Hotel Astor Tower, ma affiancato dai compagni Paul, Ringo, George, in diretta televisiva. Quattordici anni più tardi, a riprova del clamore incontrollato attorno ai Beatles, si arriva all’assassinio dell’autore di “Imagine”.
Il finimondo, il Vaticano perdona gli Usa no
Ma le scuse ufficiali, non bastano a tutti. Il 19 agosto i Beatles devono suonare a Memphis. E il consiglio comunale della città del Tennessee, vota per l’annullamento dell’esibizione con testuale comunicato: “Le strutture comunali non saranno utilizzate come luogo dove mettere in ridicolo la religione“. Il concerto si fece lo stesso nonostante il divieto. Tra petardi che raggiungono il palco, e le voci poi smentite, di uno proiettile che ha colpito John Lennon.
Federica De Candia
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