Kahlil Gibran, artista e scrittore incompreso

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Di Redazione Metropolitan

Kahlil Gibran originariamente Jibran Khalil Jibran fu un pittore prima che scrittore e pensatore del suo tempo. Nasce a Bcharreh nel Libano settentrionale nel 1883. È noto in tutto il mondo per aver scritto l’opera letteraria “il Profeta”. Quest’ultima ha suscitato nella critica pareri contrastanti, ma ha ottenuto l’appoggio del grande pubblico diventando un best seller tradotto in più di quaranta lingue. Fu inoltre un acclamato pittore.

Non avrà un’educazione formale, a seguito delle condizioni economiche precarie della famiglia. Ma a circa undici anni si trasferirà con la madre e i suoi fratelli in America, precisamente a Boston nella quale troverà una fiorente comunità siriana. In Occidente Kahlil Gibran potrà cominciare a studiare e si iscriverà ad una scuola d’arte. Dove sbocciano sin da subito le sue doti nel disegno. Intorno al 1898 le sue opere furono pubblicate come copertine. Per un breve periodo di studi torna in Libano e si dedica a perfezionare la sua formazione in letteratura araba. Ma poco dopo dovette ritornare in America per assistere ad una serie di lutti in famiglia.

Kahlil Gibran si appresta a diventare un acclamato artista

Negli anni della sua prima mostra nella galleria di un noto fotografo statunitense Fred Holland Day, conobbe un’educatrice americana, Mary Elizabeth Haskell. Ne fu perdutamente innamorato, ma questo sentimento si trasformò in un amore platonico, caratterizzato da una cospicua e intima corrispondenza. Gli aiuti economici della Haskell gli permisero invece di viaggiare alla volta di Parigi. Sotto consiglio della sua benefattrice poté iscriversi all’Académie Lucien dedicandosi alla pittura. Questo viaggio gli permise di poter studiare con l’artista Auguste Rodin e leggere Voltaire, Nietzsche e Rousseau, che in seguito influenzeranno la sua scrittura.

Ritorna in America ed entra a far parte di un circolo di scrittori e artisti che diedero nuova vita alla poesia e alla prosa araba di epoca moderna. Si stabilisce definitivamente a New York, dove ha un grande successo come pittore, considerato poco dopo tra i massimi esponenti della pittura orientale in Occidente. Nei primi anni venti del Novecento pubblica una serie di scritti presso l’editore Knopf, sono anche momenti di riflessione e di scrittura de “il Profeta” che sarà pubblicato nel 1923, riscuotendo un enorme successo tra il grande pubblico e meno dalla critica. Kahlil Gibran morirà a soli quarantasette anni a New York.

L’eterno legame con il Libano e nascita del museo Gibran

Tutto ciò che trovate nel mio studio dopo la mia morte – pitture, libri, oggetti d’arte, eccetera – va alla signora Mary Haskell Minis, che ora vive al 24 di Gaston Street West, Savannah, Ga. Ma vorrei che la signora Minis inviasse tutto, o parte di queste cose, nella mia città natale, se avesse ritenuto opportuno farlo“.

Queste le sue ultime volontà, trasferire tutti i suoi averi e essere seppellito nella terra natia, il Libano, che non dimenticò mai, in cui sognò a lungo la liberazione dall’oppressione dell’impero ottomano. Quindi nel 1932 i suoi effetti personali, manoscritti e 440 dipinti originali furono inviati a Bcharreh, costituendo così il Museo Gibran. Poco prima lo scrittore aveva acquistato l’eremo di San Sergio (Mar Sarkis) inizialmente grotta utilizzata come rifugio dai monaci nel VII secolo. Kahlil sceglie questo luogo per riposare nella pace eterna. Solo nel 1975 il monastero fu restaurato e ampliato per essere usufruito come museo e contenere l’intera collezione di opere dell’artista.

Kahlil Gibran e il suo profeta interiore

Al Mustafa (l’educatore) è il protagonista del suo scritto, ed è quel profeta che Gibran sente vibrare dentro di se e non può fare a meno di scrivere quelle verità che lui stesso ha sperimentato. Nel corso della sua esistenza ha sempre obbiettato a coloro che lo identificavano come un profeta o santo. Ma nemmeno lui sapeva da dove venissero le sue riflessioni, sentiva solo la necessità di scriverle per poterle diffondere. Il significato probabilmente è quello della riconoscenza per ogni cosa esistente.

Al Mustafa lascia l’ultimo insegnamento agli abitanti di Orfalese

L’opera si apre con il profeta Al Mustafa che è pronto a lasciare la città straniera di Orfalese, nella quale ha vissuto per dodici anni, per ritornare in nave nella sua terra natia. Troviamo un parallelo nel viaggio del profeta come il passaggio tra la vita umana sulla terra a quella dello spirito. E come ogni distacco provato dall’uomo questo gli provoca un immenso dolore, Al Mustafa lo paragona al lacerarsi della sua pelle, lo staccarsi di qualcosa che è strettamente legato a lui.

Ma anche se il viaggio della morte è quello della separazione e della solitudine, sente dentro di sé un bisogno estremo di ritornare alle origini e la sua anima si espande. Probabilmente quella che lui attente è la nave della morte e la simbologia del mare è proprio l’elemento del ritorno a Dio. Come il percorso stesso del fiume che anela alla sua ultima dimora, il mare.

E sarò a te, goccia infinita all’infinito oceano.

Un estratto de “il Profeta” sull’Amore

Scendendo dal monte in cui aveva avvistato la sua nave, è fermato da un gruppo di abitanti del paese, disperati per la sua partenza. Una veggente uscita dal santuario lo vede e gli dice:

Il nostro amore non ti sarà una catena né ti tratterranno le nostre necessità.

Come a dargli la benedizione per la sua partenza. Ma ella stessa gli chiede di proferire le ultime parole di profonda saggezza, su quello che lui ha Veduto tra nascita e morte in questo mondo. Ed ecco che i primi versi pronunciati da Al Mustafa si dipanano sul tema dell’Amore per finire con quello della morte. Di seguito vi proponiamo qualche verso:

Quando l’amore vi chiama, seguitelo.
Anche se le sue vie sono dure e scoscese.
E quando le sue ali vi avvolgeranno, affidatevi a lui.
Anche se la sua lama, nascosta tra le piume, vi può ferire.
E quando vi parla, abbiate fede in lui,
Anche se la sua voce può distruggere i vostri sogni come il soffio del vento del nord devasta il giardino.

Poiché l’amore come vi incorona così vi crocifigge. E come vi fa fiorire così vi reciderà.
Come sale alla vostra sommità e accarezza i più teneri rami che fremono al sole,
Così scenderà alle vostre radici e le scuoterà fin dove si avvinghiano alla terra…

…Ma se per paura cerchereste nell’amore unicamente la pace e il piacere,
Allora meglio sarà per voi coprire la vostra nudità e uscire dall’aia dell’amore,
Nel mondo senza stagioni, dove riderete, ma non tutto il vostro riso, e piangerete, ma non tutte le vostre lacrime.

L’amore non dà nulla fuorché se stesso, e non attinge che da se stesso.
L’amore non possiede né vorrebbe essere posseduto;
Poiché l’Amore basta all’Amore.

Lasciamo a voi l’interpretazione di queste parole così intense e a volte taglienti, ma profondissime. Che si apra nel cuore di ognuno una lama di luce e coraggio.

Marina Nicotra

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