Se nell’anime, conosciuto ai più, un giorno di pioggia Licia incontrava Andrea e Giuliano per poi scontrarsi più tardi con Mirko, in un vicolo desolato quanto le strade di un paesino del meridione d’inverno, nel manga il corso degli eventi non era esattamente lo stesso.
Kiss me Licia, in originale “Love me knight”, si infilava nel palinsesto Mediaset nel lontano 1985. La storia romantica, concepita dall’estro della compianta Kaoru Tada, favoleggiava sulle vicende sentimentali di Licia: una giovane sempliciotta che puzzava di okonomiyaki. La vita della ragazza, tra un rassettamento e un cazziatone paterno estemporaneo, procedeva placida; avvolta dai ritmi rassicuranti di una media d’età che sotto i 49 anni e mezzo proprio non andava.
A sconvolgere lo scorrimento di questa esilarante esistenza dal retrogusto pensionistico, ci pensano alcuni giovanotti con la passione per acconciature urlanti “guardami!”, di quelle che non passano inosservate neanche tra le migliori Drag Queen. Così, i destini di Mirko, Satomi e la combriccola scriteriata dei Bee-Hive, si incrociavano a quello della nostra smaliziata fanciulla con un fetish per le tappine (ciabatte, in calafricano) e i testi suadenti di canzoni rock nostrane.
Nell’anime, che nel rispetto di una tradizione inossidabile procede a tratti in completa autonomia, la contrastata love story tra Mirko e Licia era il perno inestirpabile di tutta la storia. Una costante mantenuta inalterata anche nella sua versione cartacea che, sicuramente, non si discostava nel suo genere, nonostante fosse più una versione Harmony della sua rivisitazione animata.
E qui, miei prodi e curiosi lettori, arriva il bello. Partendo dalla umile considerazione che, rispetto ad altre opere, Kiss Me Licia non sia oggetto di censure imperdonabili, mi sembra oltremodo doveroso focalizzarmi su un sacrificio che è stato perpetrato ai danni di un personaggio in particolare: Mirko (Go Kato).
Tralasciando la grottesca scelta di un nome italiano discutibile per rappresentarlo (non me ne vogliate, miei aitanti giovanotti in tal guisa appellati ndr), la personalità del bel cantante allampanato è stata ingiustamente ridimensionata da un politically correct che operava come necessario.

La voce solista dei Bee Hive, sin dalle prime pagine, non contiene affatto la sua colorita personalità da libertino con la propensione verso un innocuo turpiloquio; due fra gli elementi che lo rendono caratteristico e quanto di più lontano esista da una figura perfetta ed esule da qualsivoglia difetto di fabbrica. Mirko, su carta, è carismatico, astuto, ironico e distribuisce fascino senza riserve. Una personalità talmente coinvolgente da oscurare, sin da subito, quella del povero Satomi agli occhi di una spaesata, a momenti “rinco”- dalla- fortuna- capitatale, Licia. Un triangolo che, nel manga e a differenza dell’anime, dura un battito di ciglia.

Playboy incallito, tratto accennato nella versione animata, e studente universitario fuoricorso che dorme sui banchi, sarà l’amore per la figlia innocente del mitico zio Marrabbio a renderlo fedele e monogamo, senza alcuna riluttanza. Il classico epilogo che ciascuna donnicciuola, adolescente o matura che sia, ha sperato almeno una volta nella vita dopo l’incontro con il dongiovanni più figo del quartiere.
Go ama la sua Yakko (Licia) in maniera totalizzante e per nulla platonica, senza esclusione di colpi. Suvvia, non diamo adito a becere volgarità, ma intendo in tutti i sensi possibili e considerabili.

Contenuti esclusivi disseminati nel manga che, con convinzione e leggerezza, vi consiglio di recuperare il prima possibile. Insomma, senza volerlo qualcuno aveva anticipato Checco Zalone in una delle sue hit:
Una lettura scorrevole, senza pretese, tesa verso una vibrante spensieratezza che affonda le radici in un contesto anni ’80 assolutamente iconico. Ed iconici, parliamoci chiaro, restano i personaggi di questa storia.
ALESSIA LIO
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