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La fine della schiavitù in Usa del 1865 e cosa non è ancora cambiato

Nel 2021 Joe Biden ha scelto il giorno 19 giugno per ricordare la fine della schiavitù in America. Era il 1865 quando Gordon Granger – generale delle armate degli Stati dell’Unione – entrò con i suoi soldati a Galveston, in Texas. Ci troviamo nel pieno della Guerra di Secessione (1861-1865) che vide fronteggiarsi gli Stati del Nord – favorevoli all’abolizione della schiavitù – e quelli del Sud, contrari. La guerra civile finì. I Confederati del Sud furono sconfitti. Pochi mesi dopo Abramo Lincoln emanò il Proclama di Emancipazione decretando la liberazione degli schiavi.

La fine della schiavitù, il tassello di una lunga battaglia verso la civiltà

La lunga battaglia verso la civiltà comincia nel 1774 quando il Rhode Island diventa la prima delle tredici colonie americane a mettere fuori legge l’importazione degli schiavi. Ma ci vorranno ancora molti anni perché tutta l’America si adegui. Il 1807 il Congresso degli Stati Uniti d’America approvò un atto con cui era “proibita l’importazione di schiavi in qualsiasi porto o luogo all’interno della giurisdizione degli Stati Uniti… da qualsiasi regno, luogo o nazione estera“. Tuttavia negli stati del Sud la tratta degli schiavi continuò a prosperare fino al 1865 quando terminò con la fine della Guerra civile.

L’importanza di Abramo Lincoln per la messa al bando della schiavitù

Il Proclama di Emancipazione liberò gli schiavi solo negli Stati ribelli della Confederazione. Rimasero fuori gli stati del nord. Lincoln considerava tale documento una misura temporanea, richiese dunque un emendamento presso i deputati che seguivano le sue idee. Sino a quel momento il Congresso aveva approvato leggi che salvaguardavano la schiavitù, a dispetto di alcune disposizioni pro abolizione dei membri di orientamento repubblicano. Proprio due repubblicani – James Mitchell Ashley e James Falconer Wilson – si occuparono della stesura del corpus definitivo. In Senato la Camera dei rappresentanti respinse il documento, ma Lincoln lo approvò nei 36 stati.

Ma si può davvero parlare di fine della schiavitù ?

Il XIII emendamento del 1865 recita così:

«La schiavitù o altra forma di costrizione personale non potranno essere ammesse negli Stati Uniti, o in luogo alcuno soggetto alla loro giurisdizione, se non come punizione di un reato per il quale l’imputato sia stato dichiarato colpevole con la dovuta procedura».

L’ultima frase non lascia dubbi sulla necessità di dibattere ancora sulla questione. Nonostante l’obiettivo di abolire la schiavitù, essa rimane legale come punizione per un crimine attraverso la “clausola di eccezione”. Ciò significa che il lavoro forzato dietro le sbarre è un rischio quotidiano. Gli Stati Uniti dunque sono ancora oggi alle prese con l’eredità di politiche razziste di un sistema legale di schiavitù perpetuato attraverso l’incarcerazione di massa e il complesso industriale carcerario.

Lo sfruttamento del lavoro carcerario statunitense, una forma di schiavitù presente nelle catene di approvvigionamento

Esistono meccanismi, come il Prison Industry Enhancement Certification Program, attraverso i quali le aziende sono incentivate a “stabilire una joint venture con agenzie di correzione federali, statali, locali e tribali”. Elemento indicativo di un sistema di governo intrinsecamente sfruttatore che agisce per interessi corporativi. In questo contesto la “clausola di eccezione” non fa altro che creare condizioni per un lavoro privo di tutele.

Anche se l’ILO (Organizzazione internazionale del lavoro) afferma che le persone non dovrebbero lavorare sotto la minaccia, il complesso industriale carcerario negli Stati Uniti è molto al di sotto degli standard internazionali. Le persone incarcerate negli Stati Uniti riferiscono episodi di isolamento, diritti di visita limitati, abuso fisico, accesso limitato al cibo se si rifiutano di lavorare. Sono molte le testimonianze di persone recluse che lamentano l’opprimente condizione psico-fisica:

“Ho passato 25 anni in schiavitù. È stato traumatizzante, doloroso, fisicamente e mentalmente. Mi sentivo subumano, umiliato, socialmente morto”.

Curtis Ray Davis II, Direttore Esecutivo di Decarcerate Louisiana e precedentemente incarcerato

Fortunatamente stiamo assistendo ad alcuni progressi in tema di libertà dalla schiavitù in carcere e diritti

Dal 2018, Colorado, Utah e Nebraska hanno eliminato con successo la “clausola di eccezione” dalle loro costituzioni. E nel 2021, il senatore Zellnor Myrie ha introdotto a disegno di legge nello Stato di New York vietare il lavoro involontario dei detenuti. Cosa ci vorrà per mettere definitivamente fuori legge la schiavitù?

Alessia Ceci

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