Cultura

La letteratura bella e fantastica scoperta da Cliquot

Il Salone del Libro di Torino, tenutosi poche settimane fa, ha dato la possibilità a noi di Metropolitan di conoscere tante realtà del mondo dell’editoria. Tra queste, una delle nostre preferite è quella di Cliquot, casa editrice indipendente della scena romana. Abbiamo intervistato l’editore, Federico Cenci, che ci ha raccontato la loro storia. Una storia che, intrecciando il gioco degli scacchi a racconti fantastici, ha come obbiettivo la ricerca e l’esaltazione del bello, in tutte le sue forme.

Cliquot al Salone del Libro
(photo credits: Valeria Sittinieri)
Cliquot al Salone del Libro
(photo credits: Valeria Sittinieri)

La cosa che colpisce subito di Cliquot è la varietà tematica dei libri pubblicati: c’è la collana sul gioco degli scacchi, quella fantastica, libri gotici, elementi bizzarri, romanzi ripescati. Qual è l’elemento che collega tutte queste storie?

“L’idea chiave, il nostro progetto editoriale, si basa sulla riscoperta di belle opere del passato. Infatti il nome Cliquot nasce dal Chevalier Cliquot: un mangiatore di spade di inizio Novecento. Il mangiatore di spade negli spettacoli circensi era uno spettacolo collaterale, quello che tra le attrazioni principali faceva da riempitivo. Quindi la nostra idea è quella di riportare alla luce libri dimenticati, messi in secondo piano rispetto ad altri. Poi la cosa è declinata in varie collane perché all’interno della casa editrice siamo in quattro, con varie sensibilità ed esperienze.”

Logo di Cliquot
(photo credits: Valeria Sittinieri)
Logo di Cliquot
(photo credits: Valeria Sittinieri)

Ma sembra che non si tratti solo di ritrovare opere perdute. C’è sempre, infatti, un elemento di bizzarria nelle vostre pubblicazioni, che fa la differenza rispetto ad altre case editrici.

“Noi non vogliamo recuperare cose già note. L’elemento di bizzarria è quello che ci contraddistingue perché, prima di tutto, viene dalla nostra esperienza di lettori. E poi c’è anche un’altra questione: il fatto che certa letteratura, quella fantastica e popolare, è sempre stata considerata di serie B. Soprattutto nel Novecento c’era una distinzione netta tra letteratura alta e bassa, e a tantissima di questa letteratura non è stata data importanza. Tuttavia si tratta pur sempre di cose di valore che, sebbene messe da parte, hanno bisogno di essere riscoperte.”

Federico Cenci e Cristina Barone allo stand di Cliquot
(photo credits: Valeria Sittinieri)
Federico Cenci e Cristina Barone allo stand di Cliquot
(photo credits: Valeria Sittinieri)

Gomòria, della collana Fantastica, si avvicina come atmosfere a libri quali Il ritratto di Dorian Gray e Il Piacere: ambienti decadenti, esteti come protagonisti, scrittura avvolgente. Tuttavia, se l’autore del primo è praticamente dimenticato, lo stesso non si può dire di Oscar Wilde o Gabriele D’annunzio. Su questa scia, quante potrebbero essere le opere di valore dimenticate?

“C’era uno studioso inglese che diceva che ciò che distingue un libro classico da un libro dimenticato è il fatto che un libro classico sa rigenerarsi con le generazioni successive, riesce sempre a dire qualcosa. Don Chisciotte è stato scritto nel Seicento, ma anche nel Settecento ha saputo rimanere attuale. Ma ci sono anche testi considerati classici che però classici non sono più, perché nessuno oggi li legge e sono tenuti vivi solo dallo studio accademico. Allo stesso modo, ci sono libri che non vengono considerati classici, ma che classici dovrebbero essere. Ecco quello che facciamo: andiamo a cercare questi volumi. La cosa che Cliquot fa non è ricercare dei testi per preservarne la memoria storica. A questo già ci pensa Project Gutenberg o, in Italia, Progetto Manuzio. Loro si occupano di catalogazione, mettendo a disposizione testi provenienti dal passato. Ma il nostro obbiettivo è diverso: vogliamo trovare dei libri in grado di trasmettere ancora qualcosa al lettore di oggi. Libri che siano attuali, che siano belli, e che siano dunque dei classici.

Cliquot al Salone del Libro
(photo credits: Valeria Sittinieri)
Cliquot al Salone del Libro
(photo credits: Valeria Sittinieri)

Parliamo allora dell’elemento bello che hai appena nominato. I vostri volumi hanno una grafica pazzesca: dalla qualità della carta, alle copertine, ai disegni. Allo stesso modo è stupenda tutta l’oggettistica che vi circonda: segnalibri, spillette, stampe. Quanto è importante tutto questo? Serve solo ad attirare l’attenzione, o certi oggetti vanno anche ad espandere il valore dell’opera a cui si riferiscono?

“Noi eravamo partiti come casa editrice esclusivamente digitale. Nel 2015, quando abbiamo iniziato, facevamo solo e-book. Siamo passati al cartaceo nel 2016, e quando è successo la prima cosa che ci siamo detti è stata: “d’accordo, facciamo libri di carta. Quindi portiamo nel mondo qualcosa di concreto, di tangibile. E allora l’importante è fare le cose belle, perché di immondizia ce n’è già tanta in giro.” Le cose che facciamo, devono prima di tutto essere cose belle. Tra i nostri gadget ci sono anche le spillette, ma non è quello che conta veramente. Gli oggetti davvero importanti sono quelli che non vengono prodotti in serie, ma sono realizzati da artigiani. Ad esempio, abbiamo un poster bellissimo, fatto dalle ragazze di Batterpress lab di Roma. Loro sono stampatrici manuali, che usano i caratteri mobili. Allo stesso modo abbiamo taccuini relegati a mano da un artigiano romano. In questo modo la nostra riscoperta non è solo dei testi, ma anche delle vecchie tecniche di editoria. Ci teniamo molto a questa cosa.”

Cliquot al Salone del Libro
(photo credits: Valeria Sittinieri)
Cliquot al Salone del Libro
(photo credits: Valeria Sittinieri)

Tra gadget e collane siete sommersi di materiale e belle storie. Ma se dovessi indicare il tuo libro preferito di Cliquot, che titolo sceglieresti?

“È una domanda difficile, ne potrei dire tanti. Perché di titoli ne facciamo pochi, ma ogni volta è una lunga attesa fin dall’inizio, quando troviamo l’idea. Se devo sceglierne uno direi Marrone chiaro e altre storie dell’orrore di Fritz Leiber. Anzitutto perché è stato il primo libro di Cliquot, uscito subito in digitale e poi in cartaceo. E poi perché è un autore a cui io sono particolarmente affezionato, è stato il mio argomento di tesi di laurea. Tra l’altro io sono traduttore, quindi prima della casa editrice ho fatto esperienze di traduzione, e quando abbiamo deciso di pubblicare questo volume sono stato io a tradurlo. È un libro a cui sono particolarmente affezionato.”

Federico Cenci allo stand di Cliquot
(photo credits: Valeria Sittinieri)
Federico Cenci allo stand di Cliquot
(photo credits: Valeria Sittinieri)

Laura Bartolini

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