La mafia del foggiano e il pericolo della sottovalutazione

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Di Redazione Metropolitan

È di quattro morti il bilancio dell’agguato avvenuto ieri in provincia di Foggia. L’ombra lunga della mafia locale si staglia sullo sfondo.

La mafia del foggiano torna a far sentire la propria voce attraverso le armi. Ieri, nelle campagne di San Marco in Lamis, sono state uccise quattro persone a colpi di fucile e mitra. Tra le vittime, il boss  Mario Luciano Romito, suo cognato Matteo De Palma, che gli faceva da autista e due contadini, i fratelli Luigi e Aurelio Luciani. Questi ultimi, probabilmente, sono stati uccisi perché testimoni del duplice omicidio. Si aspetta, tuttavia, la perizia balistica per appurare con certezza se i colpi che hanno ucciso i due fratelli appartengano alle stesse armi che hanno ucciso Romito e De Palma.

Le indagini vengono svolte a 360 gradi,ma è evidente come sia la pista mafiosa quella maggiormente accreditata. Il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, ha dichiarato come il fenomeno della mafia pugliese sia stato spesso sottovalutato da più parti. “La criminalità pugliese e in particolare questa efferatissima forma di criminalità foggiana, è stata considerata troppo a lungo una ‘mafia di serie B’ “. In trent’anni, ha aggiunto Roberti, su 300 omicidi, solo per una sessantina di questi si è riusciti a risalire ai colpevoli.

I carabinieri hanno ascoltato una decina di persone e compiuto numerose perquisizioni, ma l’attività investigativa non ha ancora portato alcun indizio. “Al momento – riferiscono gli investigatori – stiamo verificando se sia vera la possibilità che il boss si trovasse lì per un appuntamento o se la sua presenza sia stata del tutto casuale. Così come stiamo verificando ogni particolare della vita dei due contadini, anche se al momento emerge che sarebbero del tutto estranei alla vicenda”. 

La mafia in Puglia esiste dagli anni ’70 circa, e dalle attività criminali prettamente legate al mondo agro-pastorale si è lanciata a capofitto nel business del traffico di droga proveniente dall’Albania, oltre che nei classici affari dell’estorsione e della prostituzione. Nella zona del Gargano, in particolare,vi sono numerosi gruppi armati che si fanno la guerra per il controllo del mercato e del territorio. 

Una mafia pericolosa e da non sottovalutare, certamente, ma definirla “la mafia più pericolosa d’Italia” come ha fatto certa stampa avrà come unico effetto quello di aumentarne l’appeal criminale. Quello che serve per contrastarla è una forte presenza dello Stato, visibile e costante nel tempo. Il fatto stesso che se ne sia sempre parlato molto poco ha fatto sì che questa potesse espandersi senza avere troppi riflettori puntati addosso, come accaduto invece per la mafia siciliana, la ‘ndrangheta e la camorra.

Se questo delitto avrà lo stesso effetto che ha avuto sull’opinione pubblica la strage di Duisburg, il problema potrà essere affrontato molto più efficacemente. Viceversa, un intervento sull’onda dell’emergenza, dopo i primi risultati, porterebbe di nuovo tutto punto e a capo.

Lorenzo Spizzirri