Se come me siete cresciuti negli anni ‘90 o ’00, molto probabilmente la televisione italiana ha contribuito non poco alla vostra indole nerd. Che fosse Rai, Mediaset o altre enti, la tv dell’epoca ci ha sempre viziato con programmi, cartoni e anime che hanno segnato la nostra memoria.

Io sono nato nel 2002, e se mischio televisione ed infanzia non posso che pensare ad un programma in particolare. Eccomi quindi, qui nel 2021, durante la giornata mondiale della televisione, a parlarvi di quello che più di tutti è stato il programma che da piccolo mi ha fatto sognare: la Melevisione.

La Melevisione: il fiabesco raccontato ai bambini italiani

La Melevisione è un programma televisivo andato in onda dal 1999 al 2015 con ben 17 edizioni, le prime 12 trasmesse su Rai3 e le restanti passate a RaiYoyo. Con uno stile ed un format unico nel suo genere, la Melevisione ha saputo incantare la fantasia dei più piccoli. La magia del Fantabosco, per quanto semplice ed ingenua, riusciva sempre  a coinvolgere i bimbi, me in primis, in un mondo fatato e fiabesco tutto italiano. Purtroppo, i più grandicelli questa magia non l’hanno mai vissuta, o l’hanno vista brillare solo negli occhi dei più piccoli. E per chi proprio non conoscesse la Melevisione, non disperatevi! Avrete perso un po’ della mia stima, ma una volta che vi avrò fatto conoscere questo meraviglioso spettacolo, sarete perdonati. 

Melevisione - photocredits: www.rai.it
Il cast della Melevisione nella locandina per il 20° anniversario – credits: rai.it

Le storie del Fantabosco

Le vicende della Melevisione si svolgono nel Fantabosco. Questa regione fatata è abitata da esseri di ogni tipo: maghi e folletti, orchi e streghe, lupi e fate, principi e principesse, gnomi draghi e molto altro. Durante il programma seguiamo le vicende di un gruppetto di bizzarri e variopinti personaggi. Su di tutti il protagonista era il proprietario del chiosco del Fantabosco, che nel corso delle stagioni ha avuto due volti diversi.
Il primo mastro bibitiere, così era chiamato per il suo importante ruolo, fu il folletto Tonio Cartonio, interpretato da Danilo Bertazzi. Ma anche nel mondo delle fiabe, non sempre va tutto a gonfie vele. Per questo Tonio è costretto a partire per Città Laggiù, il nome dato al nostro mondo, con una missione: raccontare storie ai bambini per preservare la magia del Fantabosco, che altrimenti scomparirebbe se fosse dimenticato da tutti. Il suo addio avviene nel finale della sesta stagione, con una puntata struggente in cui lo stesso Tonio parla attraverso la telecamera ai bambini spettatori, per spiegargli il motivo della sua partenza. Al suo posto farà la sua comparsa Milo Cotogno, con il volto di Lorenzo Brachetti. Milo, lontano parente di Tonio, ha ereditato il chiosco ed è tutt’ora, nell’ultima stagione, il mastro bibitiere del Fantabosco.

La Melevisione: un teatro magico per bambini

Il format della Melevisione è la parte più curiosa del programma. Inizialmente infatti doveva essere solo un programma-contenitore per cartoni animati. Ogni puntata era quindi spezzettata tra un cartone e l’altro, ed aveva un tema centrale ben preciso. Questo fino alla sesta stagione, da lì in poi il programma diventa a sé stante, andando in onda subito dopo la fascia di cartoni del primo pomeriggio. Però, la parte che ho sempre trovato più intrigantre è il fatto che il programma avesse uno stile che ricordasse uno spettacolo teatrale.

Le scene venivano infatti girate negli studi Rai a Torino, in incantevoli scenografie, buffe e colorate proprio come piacciono ai bambini. E gli attori andavano in scena con i loro vistosi costumi e la loro esuberante gestualità ed espressività facciale. Proprio come in uno spettacolo teatrale le scene si svolgevano attorno a questa scenografia, senza particolare uso di effetti video, usando inquadrature semplici e con le scene che si alternavano con il cambio dell’intera scenografia. Un dettaglio che ho sempre adorato è infine la rottura della quarta dimensione. Proprio come a teatro, gli attori a volte si rivolgevano direttamente agli spettatori. In particolare i due protagonisti, prima Tonio e poi Milo, che chiudevano la puntata con chiacchierando in amicizia ed intimità con noi, bambini di Città Laggiù, che stavamo guardando la Melevisione.

Melevisione - photocredits:https://www.flickr.com/
Una delle scenografie del Fantabosco – credits: flickr.com

La Melevisione: ricordi nostalgici di un bimbo ormai cresciuto

Oggi ho 19 anni, e scrivere un articolo sulla Melevisione, oltre che essere un po’ surreale, mi mette un’incredibile nostalgia. Da bambino adoravo questo programma, sapeva esprimere gioia e spensieratezza, con il suo stile così semplice e delicato. Certi personaggi del programma sono diventati simboli iconici della mia infanzia, primo fra tutti Milo Cotogno, probabilmente il mio preferito. Ma come dimenticarsi di gente come Lupo Lucio, il personaggio di Guido Ruffa che oggi chiameremmo anti-eroe, ma che all’epoca era solo il più simpatico e strampalato lupo del Fantabosco. Oppure della dolce Balia Bea (Licia Navarrini), dell’energica Fata Lina (Paola D’Arienzo) o di quei “cattivoni” dell’Orco Manno (Diego Casalis) e dell’Orco Rubio (Giuseppe Lo Console).

Insomma, sono convinto che se oggi sono un nerd che ama le storie ed il fantasy, un po’ lo devo anche alla Melevisione. Lo devo alla sua semplicità, al suo fascino in grado di incantare i più piccoli, ed alla tenerezza per le storie trasmessami da questo programma. Questa è la Melevisione, uno spettacolo in grado non solo di intrattenere i più piccoli, ma anche di educarli alla felicità, alla spensieratezza ed al buon cuore.

Il momento nostalgia sta durando fin troppo. Sono sicuro che Milo direbbe “Accipigna! Cosa ci fai ancora qui a pensare al passato? Vai a vivere la tua meravigliosa vita!”. Parole saggie Milo, amico mio e di tutti i bambini dell’epoca, un saluto a te e a tutti i meravigliosi personaggi del Fantabosco. Ed ovviamente un saluto anche a voi, cari lettori di Città Laggiù.

Gabriele Bruni

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