I mitici mattoncini giocattolo Lego, nella forma a noi più nota, nacquero il 28 gennaio 1958. Ma quale storia si cela dietro ai famosi piccoli cubi di plastica?

Nel 1916, il falegname Ole Kirk Christiansen aprì una piccola falegnameria in Danimarca ma solo dopo qualche anno dopo – nel 1924 – l’impresa andò distrutta da un incendio. Christiansen realizzò quindi una falegnameria ancora più grande della precedente e la convertì, in seguito, in un’azienda di giocattoli. Non è quindi un caso che – seguendo la pista della produzione di giochi – di lì a poco – nel 1934 – venne coniato il termine LEGO, dall’unione delle parole danesi “leg godt” “gioca bene”.

Il momento della svolta per i Lego giunse negli anni Cinquanta

sede centrale LEGO a Billund, in Danimarca. Crediti: Mattonito
Sede centrale LEGO a Billund, Danimarca. Crediti: Mattonito

Christiansen e il figlio Godtfred iniziarono quindi a produrre mattoncini in plastica, da smontare e rimontare dal nome “Lego Bricks”. L’uso della plastica – e nello specifico dell’acetato di cellulosa – per la realizzazione dei giocattoli venne poco apprezzato e le vendite rimasero piuttosto contenute. Inoltre i mattoncini presentavano ancora delle imperfezioni, erano poco versatili e gli incastri tra i pezzi sembravano difficoltosi. La soluzione alle criticità non si fece attendere, il 28 gennaio 1958 i Lego assunsero infatti la forma che ormai tutti conosciamo. Vennero inseriti dei piccoli cilindri tra i pezzi, che permisero un incastro più solido e si passò all’uso della plastica ABS (acrilonitrile butadiene stirene) con i colori che, ancora oggi, permettono di differenziarli e riconoscerli ovunque.

Nel tempo la linea Lego si è arricchita notevolmente fino all’inserimento di figure umane con la pelle di colore giallo e un sorriso standard. L’evoluzione continuò con la nascita delle serie. Duplo, con mattoncini più grandi, Primo, per i neonati, e Lego Technic, contente meccanismi, ingranaggi e pezzi programmabili al PC.

Con l’applicazione del marchio LEGO a film e videogiochi e la conseguente produzione di nuove linee, mutarono anche le espressioni sui volti dei piccoli personaggi – non più solo buffi sorrisi standardizzati quindi – così come il colore della loro pelle.

Alessia Ceci

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