Cinema

La poetica di Paolo Sorrentino, narratore della complessità dell’animo

Paolo Sorrentino, regista e sceneggiatore italiano nato a Napoli il 31 Maggio 1970, è tra gli autori più interessanti del cinema italiano e internazionale. Ultimo di tre figli con nove anni di distanza dal fratello e quattordici dalla sorella, Sorrentino vive l’infanzia e l’adolescenza come figlio unico, a stretto contatto solo con i suoi genitori dei quali osserva vita, amicizie, incontri e feste. Il passato diventa fonte di ricordi da elaborare e da trasmettere ai suoi personaggi.

Un ulteriore tassello con cui mettere ordine ai ricordi del passato è rappresentato dall’ ultimo film di Paolo Sorrentino

E’ stata la mano di Dio, ambientato a Napoli, proprio negli anni di Maradona e del Sorrentino adolescente. Qualche anno fa, parlando del passato e della perdita dei suoi genitori quando era giovanissimo, Sorrentino disse:

“Avevo sedici anni e fu una tragedia indescrivibile. Le parole che conosco non sono adatte. Servirebbero le immagini, la disinibizione e il coraggio. Servirebbe un film. Ma non è detto che, nei prossimi anni, non vinca il pudore e racconti di questo. Anche se sono trascorsi tanti anni, ci vuole tempo per ponderare, vincere le resistenze”.

E così è stato, nel settembre 2021 presenta al Festival di Venezia la pellicola che vince in seguito il Leone D’Argento – Gran premio della giuria.

Il potere dell’immaginazione di Paolo Sorrentino

A differenza di Titta Di Girolamo – protagonista de Le Conseguenze dell’Amore, interpretato da Toni Servillo –  in cui l’uomo non sa immaginare e non vede niente di interessante attorno a sé – Paolo Sorrentino immagina tutto. Un prima e un dopo, digressioni e rimandi, cause ed effetti. In ogni suo film c’è tanto da vedere, sentire e percepire, e nonostante questo c’è anche la sensazione che ci sia altro, che si intravede, si sospetta e del quale se ne vorrebbe sapere di più.

Il cinema di Sorrentino non abbraccia i vincenti

Si vorrebbe sapere di più di questi uomini soli e miserabili, potenti e facoltosi, disgraziati e depressi che Sorrentino racconta. Un mondo sospeso tra il sogno di essere qualcuno, di amare, di diventare e il vuoto. La sua filmografia si muove tra la solitudine del potere nel suo declino (come ne Il divo), il racconto della vecchiaia (in Youth e ne La grande bellezza) e l’ossessione erotica mai risolta (Le conseguenze dell’amore), restando intrappolata in un’atmosfera di dolce mestizia. Sorrentino non narra quasi mai le storie di persone che hanno il vento in poppa bensì ama i personaggi fragili, eccessivi, bambini mai cresciuti, immaturi, in sfida con il mondo e l’universo o con qualche dio.

I suoi fantocci cadono, si rialzano perché credono di avere una nuova possibilità, poi però ricadono ancora una volta all’infinito, spinti da un’eterna vanagloriosa voluttà di qualcosa (potere, danaro, successo, donne, vita). Nelle pellicole di Sorrentino si guarda sempre nel vuoto, come in una sospensione emotiva ed esistenziale, come in un’attesa perenne di qualcosa o di qualcuno.

Un mondo corrotto e decadente

In questa prospettiva Giulio Andreotti e Silvio Berlusconi non potevano non affascinare il regista, interessato non all’ascesa di uomini dalla natura granitica, ma alla loro decadenza, al loro annaspare per rimanere ai vertici. Sorrentino scrive – sia con Il divo che con Loro 1 e 2 – la parabola discendente di due politici che sono triste e inquietante metafora della storia del nostro paese. Porta sullo schermo due delle figure più controverse della politica italiana. Senza fare una critica politica vuole rappresentare dei tipi umani e la società di cui sono lo specchio: uomini soli e mediocri in una società corrotta e decadente.

La poetica raffinata sorrentiniana

Sorrentino dunque si dimostra un fine conoscitore dell’animo umano, narra di storie che stupiscono e affascinano attraverso un’interpretazione psicologica e sociologica. Storie sbilenche e disarmoniche, a volte felliniane, talmente simboliche da diventare pop, ritratti da cui emerge l’umana complessità e il dissidio che abita l’uomo.

Alessia Ceci

Back to top button