Un procuratore di Parigi ha chiesto una pena detentiva di cinque anni e un’interdizione dai pubblici uffici della durata di un lustro per la leader di estrema destra Marine Le Pen, in un processo in cui lei e altre ventiquattro persone sono accusate di appropriazione indebita di fondi dell’UE. La causa, arrivata in tribunale a quasi un decennio dall’’inizio delle indagini, minaccia di minare i progetti del suo partito. Il Rassemblement National, infatti, si sta preparando per le elezioni presidenziali del 2027, secondo i sondaggi, la deputata conservatrice sarebbe tra i favoriti per la vittoria.
Mercoledì, la Procura della capitale francese ha dunque avanzato contro la politica la richiesta di una multa di trecentomila euro, cinque anni di carcere e una sentenza di ineleggibilità con esecuzione provvisoria. In caso di condanna, il divieto di candidarsi a cariche pubbliche avrebbe effetto immediato, e neanche l’appello contro la decisione potrebbe aiutarla. Dopo l’ultima udienza del 27 novembre i giudici si ritireranno per esaminare il verdetto, tenendo conto delle richieste del pubblico ministero. La sentenza, probabilmente, arriverà all’inizio del 2025.
Marine Le Pen accusata di appropriazione indebita
Le Pen, il partito RN e altre ventiquattro persone, tra funzionari, dipendenti, ex parlamentari e assistenti parlamentari, sono accusati di aver usato i soldi del Parlamento europeo per pagare in Francia il personale che lavorava per il loro partito che, all’epoca, si chiamava Fronte Nazionale. Si tratta di un duro colpo per il Rassemblement National che, come tutti gli altri movimenti di destra, sta raccogliendo sempre più consensi tra gli elettori, come si è visto anche alle elezioni europee di giugno.
«La legge vale per tutti.», sono state le parole del procuratore Nicolas Barret alla presenza della donna, seduta in prima fila tra i banchi degli imputati. I cinque anni di carcere per lei domandati sarebbero, tuttavia, una pena detentiva convertibile, il che significa che ci sarebbe la possibilità di un rilascio parziale.
La replica di Le Pen: «vorrebbero privare i francesi della possibilità di votare per chi vogliono»
La risposta dell’imputata non si è fatta attendere: «Penso che il desiderio dei pubblici ministeri sia quello di privare i francesi della possibilità di votare per chi vogliono». Il presunto sistema di lavori falsi, segnalato per la prima volta nel 2015, copre i contratti di assistente parlamentare tra il 2004 e il 2016; i pubblici ministeri affermano che gli assistenti lavorassero esclusivamente per il partito. Le autorità del Parlamento europeo hanno affermato che il suddetto avrebbe perso tre milioni di euro a causa del programma per l’occupazione. La RN ha restituito un milione di euro, il che, a suo dire, non costituisce un’ammissione di colpa.
Interrogata il mese scorso su come abbia selezionato i presunti collaboratori parlamentari e quali siano i loro compiti, Le Pen ha dato risposte generali, o ha detto di non ricordarselo: «Non ho assolutamente la sensazione di aver commesso la minima irregolarità o il minimo atto illegale».
Federica Checchia
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