La resistenza alla morte in Control. Talking Pictures

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Di Redazione Metropolitan

Quarto episodio di Talking Pictures, la rubrica che da voce alle immagini. Visi scarni, corpi magri,epilessia e asocialità in Control film di Anton Corbijn sulla vita di Ian Curtis frontman dello storico gruppo dei Joy Division.

 

Andando subito al sodo possiamo introdurre alcune delle tematiche dell’opera attraverso l’analisi di una sequenza fondamentale. Fine del film, il gruppo dei Joy Division già sul palco, Ian (Sam Riley) chiede al suo manager 5 minuti prima di salire anche lui sul palco. La band già è li ed il produttore è costretto a far cantare un giovane esordiente che si becca i fischi del pubblico mentre Ian è preso dal panico. Gi occhi della band verso il mancato arrivo del loro frontman sono preoccupati e impauriti. Ian, spinto dai fischi provenienti dal palco decide di andare davanti al suo pubblico ma dopo pochi secondi lascia di nuovo la band in balia dei fischi. Ian è scisso tra due parti, una parte è il musicista (sfera poco indagata dal film) e l’atra parte è quella dell’uomo resistente. Ian Curtis per tutta la sua vita cerca di resistere alla vita perché un potente fascino verso la morte lo spinge a se. Continuamente diviso tra il cantante che sale sul palco per far impazzire milioni di giovani e l’uomo, il padre che soffre di depressione e di epilessia. Questo secondo essere è il vero Ian Curtis. Il bianco e nero che caratterizza la pellicola è la conseguenza della sua visione del mondo. Sam Riley è freddo, distaccato come i colori che sono mezzo estetico dei sui frequenti cambi d’umore. Chissà se il pubblico vuole accetterà la mia vera natura? Per rispondere a questo enigma cerca di rimanere in una fase di controllo totale dei suoi istinti. Ultra realista, nega la realtà che lo circonda perché falsa e rarefatta cerca una via di fuga che non troverà mai. Lotta contro ogni convenzione sociale ma poi viene intrappolato da quella più banale. Finisce vittima di un matrimonio che lo condanna in una prigione. Tante le scene dove il nostro protagonista sembra essere intrappolato attraverso le sbarre della vita. La faccia è sempre la stessa. Il volto stanco della resistenza. Resistenza per cosa? Ma sopratutto per chi? Resistenza all’epilessia che non gli permette di vivere una vita tranquilla ma sopratutto resistenza alla morte che lo richiama a se ogni volta. Per orgoglio non riesce a lasciare la moglie e la bambina nata dal loro rapporto ma non riesce a mollare nemmeno l’amante che sembra averlo capito a cui dedica le uniche parole d’amore dell’intero film. In tutto questo la pressione per un successo sempre maggiore e l’epilessia che peggiora giorno dopo giorno lo porterà lentamente all’auto distruzione alla vittoria della morte sulla vita, al trionfo dell’uomo inerme sul cantate rock. La figura di Curtis è ripresa in tutto il suo fascino. Sembra essere l’evoluzione di Rick Fitts di American Beauty: “A volte c’è così tanta bellezza nel mondo che non riesco ad accettarla.” Ian è costantemente alla ricerca della felicità o almeno dell’Unknown Pleasures (titolo del suo primo album e obbiettivo utopico della sua vita) senza mai raggiungerla. Sognatore che decostruisce ogni cosa per renderla vana. Ian crea distruzione, nero nello stile e nell’animo, si purifica con la malattia e l’unica cosa di bianca e casta sembra essere la bile che esce dalla sua bocca dopo ogni attacco epilettico. Ian che canta distrugge le convenzioni sociali ma poi si distrugge sentendosi male sul palco. Scivola davanti ad un pubblico che non lo comprende lo vedono come un menestrello quando lui vorrebbe essere poeta. Solo la musica può comprenderlo: Bowie, Iggy Pop, Velvet Underground e Jim Morrison si alternano nella sua mente mentre è sotto effetto di qualche pastiglia presa dall’armadietto della nonna. Nel frattempo decostruisce la realtà ma rimane un sognatore. Non riconosce dove sia il problema ad amare un altra donna mentre si è sposato con un altra. Si scontra tra idealismo e nichilismo provocando un collasso mentale che non riesce a controllare. La mente di un genio in un corpo troppo debole. Alla fine ne rimarrà solo la fama. L’amore scompare rimane orgoglio e la debolezza. Poi appare una fune, un gancio, una carrucola per fare leva mentre lei guarda. Bellissima di nero vestita, sorpresa nel vederlo perdere ogni controllo ma felice di abbracciarlo. La morte è pronta a prendere suo figlio per curarlo. Mentre lo porta via entra la moglie di Ian che non può fare nient’altro che urlare vendo il corpo di suo marito totalmente concesso all’unica donna che egli abbia mai amato.

 

Quinto De Angelis