Negli anni sessanta la musica italiana ebbe il suo apice in un movimento di cantautori ancora oggi memorabili. Stiamo parlando dei cantautori genovesi. Un gruppo di artisti nati a Genova, o da questa città adottati, che costituirono tale movimento molto importante nella storia della musica italiana perchè determinò una profonda rottura con la musica tradizionale. La Scuola di Genova era il nuovo laboratorio della musica italiana.
Tra gli esponenti musicali e canori della cosiddetta della Scuola di Genova, che ottenne successo a partire dagli anni sessanta, possiamo trovare: Fabrizio De André, Umberto Bindi, Bruno Lauzi, Gino Paoli, il paroliere Giorgio Calabrese e l’adottato Luigi Tenco, originario di Cassine in provincia di Alessandria e Sergio Endrigo nato in Istria.
La scuola di Genova: poesie e musica
Grazie alla Scuola di Genova, la musica italiana ha vissuto una stagione molto densa e produttiva. Nacque il termine “cantautore“, applicato subito dai giornalisti per descrivere l’autore-cantante che scriveva e cantava le sue canzoni. Se all’inizio poteva risultare un’espressione scherzosa, questo termine si rivelerà un sinonimo di impegno. Per questo, oggi, riconosciamo un cantautore proprio dal suo scrivere e comporre testi e canzoni “impegnati“.
Una storia affascinante quella dei cantautori genovesi, in primis per mezzo di un mutato approccio stilistico, più ricercato ed eclettico, quindi nell’uso di un linguaggio diverso, crudo e realista. Affronta una varietà di temi che andavano dal sentimento, alle esperienze esistenziali, sino alla politica, all’ideologia, alla guerra e ai temi dell’emarginazione, con forti accenni individualisti e spesso ricollegandosi ai toni dell’esistenzialismo francese.
Facendo un esempio, tutti noi ricordiamo le tante canzoni di Fabrizio De André ispirate alle poesie di Georges Brassens; la raffinatezza stilistica e compositiva di Umberto Bindi, la malinconia di Luigi Tenco con forti riferimenti alla società, spesso da lui criticata in modo tagliente ma con classe. Fra le testimonianze dei grandi protagonisti di una delle pagine più intense della musica che hanno reso grande Genova, città di cantautori e di poeti, è quella del grande compositore genovese Gian Piero Reverberi.
“Ci importava soltanto di sentire tanta musica. Ascoltavamo gli autori francesi, che facevano dei testi notevoli, erano dei veri poeti. Fabrizio De André aveva una conoscenza spaventosa dei poeti, e si sentiva che il suo modo di scrivere era poetico. Sentivamo anche gli autori americani, Giorgio Calabrese che aveva anche più anni di noi era documentatissimo sul modo di scrivere e sulle traduzioni delle canzoni. In questa situazione di fermento e di curiosità, se ti mettevi a scrivere, non scrivevi mai una stupidaggine, ma cercavi di avvicinarti a quel tipo di livello“.
Quando la musica italiana superava i confini europei
La musica italiana ha avuto un Monte Rushmore con i volti di questi esponenti e, grazie alle varie collaborazioni con le realtà musicali straniere, ha oltrepassato i confini italiani arrivando nel Regno Unito e negli Stati Uniti d’America, passando per la Spagna. Gli esempi sono la realizzazione de “Il mio mondo” di Umberto Bindi, cantata in lingua inglese da Tom Jones, “You’are my world”, passando alla “Era de Maggio” di Endrigo, rivisitata dal tenore spagnolo Josè Carreras e di conseguenza portata al successo in terra iberica.
Ad oggi, sono rari i casi che seguono questa scia di realismo, romanticismo e idealismo. La musica è cambiata veramente, ma possiamo comunque usufruire di questi fenomeni grazie alle tecnologie, agli archivi dove queste tracce non verranno mai eliminate. Il bello è che, pur essendo datate, queste informazioni rimangono attuali. È sì musica appartenente al passato, ma di un passato che anziché finire in alto su qualche mensola impolverata, continua ad essere attuale e addirittura moderna.
Articolo a cura di Gianrenzo Orbassano.
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