“Lasciati andare”, il bizzarro Freud di Toni Servillo

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Di Redazione Metropolitan

Barba bianca, occhiali spessi e tartarugati, freudiano con tanto di stereotipato lettino, Toni Servillo in Lasciati andare rispecchia esattamente l’immaginario comune sulla psicoanalisi. Il regista, Francesco Amato, sembra quasi giocare di proposito con la figura rigida e austera di Freud, marcandola comicamente nel suo protagonista. Ciliegina sulla torta è persino l’ambientazione nel quartiere ebraico di Roma: la Sinagoga, lo Shabbat e un’aristocrazia intellettuale in grado di delineare un quadro immediato.

I due poli opposti di “Lasciati andare”: Elia e Claudia

Elia Venezia (Servillo) è appunto uno psicoanalista, ricco e taccagno, egoista e pigro, umanamente e fisicamente. Come gli rivela il figlio con un sorriso, “è una persona che non farebbe mai niente gratuitamente per qualcuno”. Contemporaneamente è una di quelle persone in grado di mettere chiunque in soggezione per la presunzione di superiorità culturale che emana. Eppure, a ben vedere, è un uomo infelice, intrappolato da repressioni, regole e difetti di cui non riesce a liberarsi da solo.

Servillo ed Echegui in Lasciati andare (2017) -  Photo Credit: web
Servillo ed Echegui in Lasciati andare (2017) – Photo Credit: web

Tutto cambia quando casualmente entra nella sua vita Claudia (Veronica Echegui), personal trainer spagnola. Claudia è uno spirito libero, è ingenua, espansiva, sicura di sé. Per quanto possa sembrare superficiale, mostra subito una spiccata intelligenza e riesce a vedere in Elia qualcosa di più che un burbero vecchio. La vita di Claudia, con tutti i suoi guai, irrompe nell’esistenza tranquilla di Elia, stravolgendola per sempre. Dà quella scossa necessaria a capire quante cose si stavano perdendo nel tempo e nell’inerzia, compreso il matrimonio con Giovanna (Carla Signoris).

Una commedia semplice ma ben funzionante

Lo scontro, inizialmente duro, fra due mondi così diversi che poi trovano insieme un loro equilibrio, si può definire un modello base della commedia. È un film che scorre “tranquillamente”, puntellando la sceneggiatura di momenti di svolta e di rottura che arrivano esattamente dove li si aspetta. Fa eccezione forse il terzo atto, che introduce il personaggio di Luca Marinelli, Ettore. Ettore è un po’ la mina vagante che inserisce l’azione quando la storia inizia a virare sul romantico. Questo rende senza dubbio interessante, meno banale, il tipo di storia raccontata.

Servillo e Marinelli in Lasciati andare - Photo credit: web
Servillo e Marinelli in Lasciati andare – Photo credit: web

Una storia di mutamento e crescita

Come suggerisce il titolo, infatti, Lasciati andare è in fondo la storia di una crescita personale, di un mutamento personale, come innumerevoli altri raccontati dal cinema. Ciò che convince a guardare il film di Francesco Amato è forse il modo in cui viene presentato. Il cast, innanzitutto, è azzeccatissimo. Oltre agli attori già citati, spiccano le piccole parti di Pietro Sermonti o, soprattutto, Giacomo Poretti. In secondo luogo, la presenza stessa di Servillo in un ruolo comico, con quel suo fascino snob, diventa accattivante.

Serve quasi a etichettare un rinnovato tipo di commedia italiana contemporanea, caratterizzato da un umorismo di testa e non di pancia. Una commedia che appunto, a ben vedere, sceglie quasi sempre gli stessi attori, a partire dalla Signoris, per diventare ben riconoscibile sul mercato.

Articolo di Valeria Verbaro

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