La vittoria agli Oscar di Chloé Zhao ha rappresentato una frattura nell’industria hollywoodiana, colpevole da sempre di discriminare etnie non caucasiche. Quella asiatica, specialmente, è un’etnia che passa “in sordina”, visto che il razzismo che le si riserva è infido, sottopelle e apparentemente invisibile.

Tra le varie storie di discriminazione di Hollywood ai danni di asiatici, quella dell’attrice Anna May Wong è forse la più emblematica.

Anna May Wong, nata Wong Liu Tsong

Nel raccontare questa storia, è importante soffermarsi da subito sul nome di Anna May Wong, nata Wong Liu Tsong. È importante, se non necessario e fondamentale, poiché in questo cambio, operato certamente dall’industria hollywoodiana, si può riscontrare un processo razzista che parte dal percepire come estraneo un nome in un’altra lingua che non sia quella inglese.
Certo, tantissimi attori e attrici hanno avuto, e hanno tuttora, un nome d’arte, ma non si va ad alterare il suo significato e la sua discendenza. Norma Jean Baker, per esempio, aveva un nome americano e così il suo “alter ego” Marilyn Monroe.

Per Anna May Wong, invece, si è deliberatamente scelto di rinnegare le origini cinesi e relegarle a degli echi lontani che richiamano il Sol Levante. Si sa, nei primi anni dell’industria Hollywood puntava i propri cavalli vincenti sull’esotismo, poiché faceva presa sugli spettatori. Ecco dunque che anche Wong Liu Tsong diventa una macchietta di discendenza esotica, proveniente da un paese lontano solo per stuzzicare le fantasie americanocentriche.

Ciononostante, l’attrice inizia la sua carriera nel cinema muto, che la fa diventare da subito famosa e conosciuta in tutto il mondo. I suoi ruoli, però, erano sempre relegati a personaggi stereotipati e secondari; a interpretare donne asiatiche protagoniste, invece, attrici caucasiche pesantemente truccate da orientali. Non si può dire diversamente del suo compenso, sempre inferiore rispetto a quello della controparte bianca.
Questa situazione portò Anna May Wong ad abbandonare progressivamente il mondo del cinema, complice anche uno degli episodi più spiacevoli della sua carriera.

Hollywood, La buona terra per gli altri

Luise Rainer e Paul Muni in "La buona terra" © Wikimedia.org
Luise Rainer e Paul Muni in “La buona terra” © Wikimedia.org

Nel 1935, la casa di produzione cinematografica Metro-Goldwyn-Mayer rifiutò ad Anna May Wong la possibilità di ricoprire il ruolo da protagonista nel film La buona terra, tratto dal romanzo omonimo di Pearl S. Bruck. La storia è ambientata in Cina e vede una famiglia alle prese con l’emigrazione verso il sud del paese per sopravvivere alla siccità.
Al posto della Wong, l’attrice tedesca Luise Rainer, che per il suo ruolo vinse il Premio Oscar come Miglior Attrice Protagonista.

Ciò la portò ad allontanarsi da Hollywood, recandosi in Cina per studiare la propria cultura e storia e, durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale, per sostenere la causa umanitaria cinese contro il Giappone. Tornò sotto i riflettori soltanto negli anni ’50, quando prese parte al primo programma televisivo statunitense a conduzione asiatica. Volenterosa di tornare al cinema, un infarto sopraggiunto nel 1961 impedì il suo ritorno su un set.

Per decenni, la sua carriera fu ricordata solo come “spalla” di attrici americane in film in cui gli asiatici erano rappresentati secondo stereotipi. Fu soltanto nel 2005, in occasione del centenario della sua nascita, che venne riscoperta come attrice a 360 gradi, restituendole la dignità di professionista ed essere umano; la sua storia e il suo destino sono stati recentemente riscritti nella serie di Ryan Murphy per Netflix Hollywood.

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Crediti fotografici: tcm.com, wikimedia.org

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