Leonardo Sciascia nasce in Sicilia a Racalmuto, in provincia di Agrigento l’8 gennaio del 1921. Scrittore tra i migliori del novecento, giornalista e brillante saggista, ha fatto della Sicilia, una metafora letteraria in grado di descrivere qualsiasi parte del mondo.
La sua opera rappresenta inoltre, un punto di riferimento di quella corrente letteraria che fa a capo al “realismo critico”. Ebbe anche un’attività politica importante ricoprendo, dapprima, il ruolo di consigliere comunale a Palermo, dal 1975 al 1977, per il Partito Comunista, ed in seguito, dal 1979 al 1983, come deputato in Parlamento per il Partito Radicale.
La formazione
Primo di tre fratelli, la sua famiglia e l’ambiente in cui cresce è quello della piccola borghesia siciliana. Sua madre viene da una famiglia di artigiani, mentre il padre è uno dei tanti operai impegnati nelle miniere di zolfo della zona agrigentina, molto cara anche a Luigi Pirandello. Nel 1927, Sciascia comincia la sua esperienza scolastica, rivelando sin da subito il suo amore e la sua predisposizione per materie come la letteratura e la storia. Nel 1935 si trasferisce a Caltanissetta con la famiglia, dove s’iscrive all’istituto magistrale. Qui incontra professori che lo segneranno e lo plasmeranno profondamente, figure fondamentali della sua formazione.
Grazie a Vitaliano Brancati, infatti, si accosta agli autori francesi, che rimarranno sempre i suoi prediletti. Con la guida di Giuseppe Granata poi s’immerge nello studio degli illuministi e si appassiona di letteratura. In questi anni giovanili Sciascia inizia ad avvicinarsi alle posizioni del partito comunista e alla militanza antifascista. Conclude la carriera scolastica diplomandosi nel 1941. Trova lavoro al Consorzio Agrario di Racalmuto, esperienza che gli permette di osservare da vicino la vita agreste e la realtà contadina siciliana. Nel 1944 sposa Maria Andronico dalla quale ha due figlie. Nel 1949, è nominato maestro alle scuole elementari di Racalmuto, ruolo che ricoprirà fino al 1957.
L’attività letteraria
A partire dagli anni ’50, comincia ad entrare nel vivo della vita politica e letteraria non solo siciliana. È del 1952 infatti, la sua prima pubblicazione, “Favole della dittatura”ventisette prose brevi, seguite dalla raccolta di poesie La Sicilia, il suo cuore. Nel 1953 esce il primo saggio Pirandello e il pirandellismo, dedicato all’amato corregionale. Al 1956 risalgono Le parrocchie di Regalpetra, in cui si comincia ad intravedere l’impegno civile dell’autore, e si riconosce la sua formazione illuminista.
Nel 1958 viene stampato il volume Gli zii di Sicilia, tre racconti che diverranno quattro quando nel 1961 verrà aggiunto L’antimonio, ispirato all’autore dalla guerra di Spagna. Nel 1961 Sciascia comincia a dedicarsi a quello che diverrà il tema prevalente nella sua produzione letteraria: il genere “giallo”. In Sciascia però, questo genere acquista un carattere di denuncia etica e sociale. Lo scrittore è infatti maggiormente interessato alla descrizione delle cause economiche e sociali che si annidano dietro ai delitti, piuttosto che alla risoluzione degli enigmi stessi. Così si susseguono romanzi che consolidano la fama dello scrittore agrigentino: Il giorno della civetta (1961), A ciascuno il suo (1966), Il contesto (1971), Todo modo (1974), Il cavaliere e la morte (1988) e Una storia semplice (1989), da cui spesso sono tratti film di pari successo.
L’attività giornalistica e politica
Oltre all’attività di scrittore, Sciascia porta avanti anche quella di giornalista, collaborando a fasi alterne con “La Stampa” e il “Corriere della Sera”. L’impegno civile di questa fase trova proprio nell’unione tra cronaca di fatti reali e scrittura d’autore, il canale di comunicazione con il pubblico: del 1975 è La scomparsa di Majorana, anno in cui lo scrittore si candida per le liste del Partito Comunista a Palermo e viene eletto. Due anni dopo però, rassegna le proprie dimissioni. Il compromesso storico, gli estremismi e tutte quelle ragioni di partito tanto criticate anche nei suoi saggi, non gli consentono di proseguire la vita politica, almeno non nel suo territorio.
Nel 1977 infatti esce Candido che altro non è che un amaro rendiconto autobiografico, mascherato attraverso il rimando letterario a Voltaire, delle delusioni della politica. Nel 1978 poi, con L’affaire Moro indaga, con la formula del racconto-inchiesta, i retroscena del sequestro e dell’uccisione di Aldo Moro; suscitando polemiche sulla stampa, con gli intellettuali del tempo e con gli organi di partito. Passato nel 1980 nelle fila dei Radicali, Sciascia dedica gli ultimi anni di vita alla saggistica storico-letteraria e allo studio del fenomeno mafioso.
La “Sicilitudine”
«Gli occhi di Sciascia sono monadi chiuse che hanno visto tutto», scrisse Gesualdo Bufalino, altro sicilianissimo scrittore. Sciascia non ha mai abbandonato la Sicilia, se non per brevi periodi. La sigaretta perennemente accesa tra le dita della mano sinistra, la biro tra quelle della destra, il quaderno su un tavolino scarno, ne ha raccontato le trame più oscure con una scrittura lucida, essenziale, ma piena di sapori, esaltandone le ombre e i dolori, gli inganni e i disinganni, svelando i volti e le maschere degli uomini e del potere, e degli uomini di potere, dipinti con quel gusto amaro che attraversa le sue pagine come la vita. Leonardo Sciascia muore a Palermo il 20 Novembre del 1989.
Cristina Di Maggio
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