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Leroy Gomez, chi è il cantante dei Santa Esmeralda che conquistò gli anni ’70

Sfornare hit mondiali e intramontabili non è proprio da tutti. Ma sicuramente lo hanno fatto i Santa Esmeralda quando, nel 1977, il mondo intero ballava sulle note della loro “Don’t let me be misunderstood“. Il brano, originariamente scritto per Nina Simone, è stato magistralmente reinterpretato dal gruppo franco-statunitensen portandolo in cima alle classifiche internazionali.

Gomez è nato a Wareham, un comune degli Stati Uniti nel Massachusetts, l’8 luglio 1950 ed è ricordato da tutti per essere stato il cantante e frontman dei Santa Esmeralda, celebre gruppo anni ’70. Leroy ha origini portoghesi e ha iniziato la sua carriera musicale come sassofonista nei Tavares, celebri rivali della band di Lionel Ritchie. Un inizio, insomma, non in prima linea bensì nelle retrovie. Leroy ha iniziato a farsi conoscere di più quando è diventato sassofonista di Elton John, una collaborazione che gli ha fruttato un grande successo. Tuttavia, la consacrazione definitiva è arrivata quando, a Parigi, ha conosciuto gli altri due componenti di quelli che sarebbero poi diventati i Santa Esmeralda.

Un inizio, insomma, non in prima linea bensì nelle retrovie. Leroy ha iniziato a farsi conoscere di più quando è diventato sassofonista di Elton John, una collaborazione che gli ha fruttato un grande successo. Tuttavia, la consacrazione definitiva è arrivata quando, a Parigi, ha conosciuto gli altri due componenti di quelli che sarebbero poi diventati i Santa Esmeralda.

Certamente, per Leroy Gomez, un riscontro del genere è stato del tutto inaspettato. Tanto più che non aveva neanche lavorato direttamente al nuovo arrangiamento: “L’idea di registrare una nuova versione di Don’t Let Me Be Misunderstood in stile Disco-Flamenco è venuta a un mio amico, Sam Choueka. I produttori Nicola Skorsky e Jean Manuel Du Scarano fecero una demo con Sam che cantava la canzone, ma non era venuta così bene. Così i produttori contattarono Don Ray (Ramond Donez) per ritirare gli arrangiamenti e Don a sua volta ha contattato tutti gli altri grandi musicisti che ho menzionato prima, per fare la session. Il resto è storia”. A suo dire, oggi, sarebbe impossibile replicare una hit del genere. E il motivo principale è che è fin troppo lunga: ai tempi, dice, “contava quanto tempo si riusciva a far ballare la gente in pista”. Tra l’altro, inizialmente, Don’t Let Me Be Misunderstood durava 14 minuti, non 8: “E la gente ballava fino alla fine… almeno ho dato al DJ la possibilità di bere qualcosa e parlare un po’ con le ragazze nel frattempo!”.

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