Leslie Kern: la città sarà femminista o non sarà

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Di Giorgia Lanciotti

La città femminista. La lotta per lo spazio in un mondo disegnato da uomini è un saggio in cinque capitoli scritto da Leslie Kern. Pubblicato nel 2019 con il titolo di Feminist City: A Field Guide, è stato tradotto in italiano da Natascia Pennacchietti per Treccani, che ne ha curato l’edizione italiana nel 2021.

Kern: lottare per uno spazio urbano femminista

città femminista © amazon.it

Leslie Kern è professoressa alla Mount Allison University dove insegna “Gender, Culture and the City”. Lei si autodefinisce geografa femminista e i suoi studi, infatti, si focalizzano principalmente sulla geografia urbana e su come il diverso genere di appartenenza influenzi il differente modo di abitare lo spazio urbano e fruirne. Così Kern, intrecciando teoria e narrazione biografica, studi urbanistici e sociologia, in La città femminista. Lotta per lo spazio in un mondo disegnato da uomini indaga i limiti e le possibilità delle città, rivendicando il pensiero e la componente femminista.

Abbattere i limiti è la priorità nello spezio urbano della nostra contemporaneità, ma deve essere accompagnata anche dalla creazione di nuove possibilità. Ad esempio, suggerisce Kern, bisogna cominciare a comprendere che tutte le città sono impostate per sostenere un determinato tipo di società, che è organizzata secondo le categorie di genere, razza, sessualità. Invece, ci sono altri e differenti modi di impostare ed usare gli spazi urbani, infinite possibilità di creare spazi alternativi. Dunque, cos’è e cosa può essere una città femminista? Uno spazio in cui sperimentare un modo migliore e più giusto, di vivere e di essere, del mondo urbano.

Leslie Kern: essere donna in una città disegnata da uomini

Tra gli spazi più ampi che Leslie Kern riserva alla narrazione biografica nel suo saggio, c’è quello riservato al racconto del suo attivismo in città. Le donne, scrive Kern, sono attive ed attiviste in un contesto ostile, in un mondo in cui ogni diritto, ogni traguardo viene raggiunto a fatica, lottando. Eppure sono donne che guidano alcuni dei movimenti più influenti e trasformativi della nostra epoca. Pensiamo al Black Lives Matter, Idle No More o Fight for $15.

Nonostante partiamo da una posizione di svantaggio rispetto agli uomini, soprattutto bianchi e cisgender; nonostante dobbiamo lottare contro le relazione di potere intricate nella città, ogni tanto noi donne riusciamo a scrollarci di dosso i ruoli e le etichette imposte. Partendo da un’autoriflessione Kern si domanda: com’è e come deve essere la città femminista?

Innanzitutto, la città femminista deve tenere conto di tutti gli individui e delle loro esigenze, se queste si coniugano oppure si scontrano con quelle del proprio genere di appartenenza: una questione che gli uomini non si sono mai posti disegnando la loro città patriarcale. Questo sarebbe un vero approccio nuovo, intersezionale, che terrebbe conto delle necessità e dei bisogni di donne, minoranze etniche, omosessuali e trans. Tuttavia, fare affidamento sullo Stato per cambiare la società così come la conosciamo oggi sarebbe ingenuo e una perdita di tempo. La trasformazione deve essere radicale, partire da una rete di alleanza tra le varie comunità in svantaggio per combattere razzismo, sessimo, omofobia, e liberarci dall’oppressione. Leslie Kern propone un modello di alleanza tra le comunità, ovvero quello delle amicizie femminili.

La città di tutte le donne possibili

Le donne in città sono invisibili, eppure esposte; emarginate eppure al centro dell’attenzione. Quando camminiamo per strada non stiamo mai soltanto passeggiando, non ci stiamo mai davvero alienando dalla folla urbana, o dallo spazio deserto intorno a noi. Siamo sempre attente e attenzionate. Non siamo mai sole, sempre con gli occhi addosso. Noi andiamo per la strada, ma è in realtà il nostro corpo ad andare: le nostre gambe, il nostro volto, i nostri capelli, il nostro sedere. Un uomo non rientra a casa tenendo le chiavi in mano, o fingendo di parlare al telefono. Lui può passeggiare tranquillamente per strada alienandosi dal contesto; non deve salutare i suoi amici dicendo loro “quando arrivi manda un messaggio”.

Leslie Kern ci mette davanti agli occhi quanto di più intuibile, ma per nulla scontato: ovvero che donne e uomini non vivono la città nello stesso modo. Il saggio procede in un climax ascendente, partendo da donne madri a cui la città, più che facilitare esistenza e spostamenti, non fa altro che aggiungere barriere e bisogni. Pensiamoci: ci sono davvero spazi in città concepiti per rendere meno faticosa la maternità urbana? L’assistenza alla maternità, che non parta dalle donne indirizzandosi ad altre donne, esiste?

Kern procede nell’analisi del rapporto donna-città parlando delle amiche, delle single, delle donne attiviste e del loro ruolo nelle proteste. Infine, l’autrice punta il faro sulla questione della paura e della sicurezza delle donne in città. Le considerazioni, le risposte e i problemi che Kern pone non sono mai scontati. Dopo aver letto questo libro ci si rende conto che tanti paradossi in realtà non esistono, ma sono solo il frutto di bias di genere, e che numerose questioni ritenute ormai chiuse vanno riaperte.

Giorgia Lanciotti

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