Formula 1

Lewis Hamilton contro il razzismo: “Picchiato e bullizzato”

Lewis Hamilton, sei volte campione del mondo in F1, vittima anche lui di episodi di razzismo fin da piccolo. Lo sfogo del pilota, sempre molto attivo nelle battaglie attuali, culmina con una forte rivelazione personale; Hamilton infatti ripercorre il dolore provato fin da bambino a causa della diversità del colore della pelle.

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Hamilton e suo padre – Photo Credit: Hamilton Official Twitter Account

Lewis Hamilton razzismo – Il messaggio del pilota

Negli ultimi giorni Hamilton si è esposto in prima persona, schierandosi con il movimento “Black Lives Matter”. Lewis non è nuovo alle battaglie sociali contro bullismo, razzismo o a salvaguardia dell’ambiente; il pilota Mercedes ha sempre fatto sentire la sua voce e non ha mancato di farlo soprattutto in questo caso. 

Argomento delicato quello del razzismo, in modo particolare per lui; Hamilton addirittura arriva ad accusare la Formula 1 e altri personaggi o istituzioni per il silenzio tenuto in questo momento critico. Qualche giorno dopo Lewis decide di raccontarsi con un lungo post su Instagram, di esporsi completamente, rivelando e ripercorrendo la dura crescita che ha dovuto affrontare.

“Ho letto ogni giorno per cercare di tenermi informato il più possibile […] e questo ha riportato alla memoria tante esperienze dolorose.
Memorie vive nelle sfide che ho affrontato quando ero bambino, come credo che molti di voi, che abbiano sperimentato il razzismo o altre discriminazioni, abbiano vissuto.
[…] Mi è stato insegnato a tenermi le cose dentro, non mostrare debolezze, uccidere gli altri con l’amore e poi batterli in pista.
Ma lontano dai circuiti sono stato bullizzato, picchiato, e il solo modo per rispondere è stato imparare a difendermi, così ho fatto karate.
Ma gli effetti psicologici negativi non possono essere misurati”.

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Lewis Hamilton – Photo Credit: Hamilton Official Twitter Account

“È anche per questo che guido nel modo in cui lo faccio, è molto più profondo di un semplice sport, io sto ancora lottando.
Grazie a Dio avevo mio papà, una figura nera molto forte. […] Non tutti hanno questa fortuna. […] Dobbiamo unirci. Mi ero chiesto perché questo 2020 sembrasse così sfortunato, ma ora sto iniziando a pensare che potrebbe essere l’anno più importante delle nostre vite, dove poter finalmente iniziare a cambiare l’oppressione sociale e sistematica delle minoranze.
Vogliamo solo vivere. […] Ce lo meritiamo come chiunque altro.
L’uguaglianza è fondamentale per il nostro futuro. Non possiamo smettere di portare avanti questa battaglia e io per primo non mollerò mai”.

Lewis Hamilton razzismo – Una battaglia infinita

Dritto al punto, Hamilton sfoga tutta la sua rabbia per una cosa che purtroppo ha dovuto provare sulla propria pelle, per la propria pelle. Un colore, questo il problema. Un colore visto come diverso, inferiore, inutile. Nemmeno la pista, il suo territorio, lo ha risparmiato; nei test di Barcellona nel 2008, infatti, alcuni tifosi di Alonso insultarono Hamilton, esponendo striscioni a sfondo razzista. Per quel motivo venne inaugurata la “Racing Against Racism”, voluta dal presidente della FIA Mosley e da Ecclestone. Quest’ultimo aveva già affrontato il tema razzismo cancellando il GP dell’Africa a causa dell’apartheid.

Hamilton è il secondo pilota di colore che corre in Formula 1 ed è al momento il secondo pilota per numero di titoli mondiali, quota sei, ad un solo titolo dai sette di Schumacher. Eppure il suo vivere è ancora comandato da una continua guerra per cui vale la pena esporsi, mettersi in prima linea. Un atto coraggioso dettato forse dalla stanchezza di una vita passata a lottare in continuazione per il diritto di vivere, una cosa che dovrebbe essere di tutti a prescindere.

Hamilton scende in pista, una pista diversa, fatta non di asfalto e segni di gomme, ma di una dignità che forse manca da troppo tempo e per cui è giunto il momento di cambiare. Il pilota inglese usa sempre il plurale noi, una scelta voluta, sentita, venuta dal cuore; l’esporsi di Lewis sembra quasi essere parte di una realtà che non l’ha mai abbandonato, una realtà che lo porterà sempre a lottare, in pista o fuori, alla ricerca di una felicità in cui ogni persona si merita di vivere. 

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