L’8 agosto ricorre la commemorazione dell’Indipendenza dell’India per mano del Mahatma Gandhi. Lui, l’anima della non violenza con il suo “Quit India” attuerà la prima forma di ribellione non violenta nei confronti del governo inglese. Repressioni e arresti, la risposta del governo britannico.

L’impegno di Gandhi ad un passo dell’Indipendenza dell’India

Non violenza e forza della verità i principi cardine della politica del Mahatma Gandhi. È così che guiderà il suo popolo verso l’Indipendenza. Le sue armi: il digiuno individuale o collettivo; il boicottaggio dei prodotti stranieri o delle leggi ingiuste; la disobbedienza civile. Affinché si acquisisse l’indipendenza, Gandhi si impegnerà in un vero e proprio rinnovamento spirituale della popolazione cosicché ciascuno possa esser degno e pronto a conservare lo status d’indipendenza. Così per un lungo periodo agirà dietro le quinte come educatore sociale, tornando alla ribalta solo in prossimità del secondo conflitto mondiale quando l’India sarà ad un passo dall’Indipendenza.

È l’8 agosto 1942 quando Il Mahatma lancerà il suo “Quit India“, una risoluzione scevra da repliche con il quale Gandhi chiederà al governo britannico di lasciare l’India al suo popolo. Da qui, una vera e propria ramificazione in tutto il paese di numerose manifestazioni di protesta. Violenze, arresti, repressioni saranno invece la risposta del governo britannico. Vittima della ferocia inglese, lo stesso Gandhi. Arrestato, il Mahatma continuerà dalla prigione di Aga Khan a professare e divulgare la sua filosofia fondata sulla ricerca della verità a cui bisogna tendere con amore e scevri dalla violenza. Ammalatosi gravemente, uscirà di prigione all’alba della concretizzazione del suo più grande desiderio: siamo intorno la fine del 1943 quando la Gran Bretagna annuncia che al termine della guerra cederà il territorio indiano nelle mani della sua gente. Gandhi proclama la fine della lotta.

Annagrazia Marchionni

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