Parlare della società e dei suoi disagi interiori non è certo una cosa semplice. Si potrebbe considerare quasi un tabù negli Stati Uniti d’America, così fieri e orgogliosi. Eppure ci sono film come “Little Children” (stasera su Iris alle 23:33) capaci di farlo e anche bene.
Prima di essere un film, “Little Children” è un romanzo firmato da Tom Perrotta. Autore brillante e arguto (definito da alcuni critici il “Checov d’America”), Perrotta ha saputo esplorare il dramma umana della provincia americana attraverso opere come “L’insegnante di astinenza sessuale” e “The Leftovers”.
“Little Children” rimane la sua opera più nota e feroce e questo adattamento cinematografico diretto da Todd Field non smentisce tali affermazioni.
Siamo in una cittadina del Connecticut e assistiamo alle vicende che vedono protagonisti quattro suoi abitanti: Sarah (Kate Winslet), moglie infelice e madre disillusa, Brad (Patrick Wilson), disoccupato incapace di riorganizzarsi, Larry (Noah Emmerich), ex poliziotto colmo d’odio e turbato da un trauma passato, e infine Ronnie (Jackie Earle Haley), pedofilo apparentemente senza speranze che tenta di ricostruire la propria vita.
Il ritratto offerto da Field (e da Perrotta, qui anche sceneggiatore) è quella di un’esistenza umana amara e di un nucleo sociale dominato dalla frustrazione. Un microcosmo urbano in cui basta una piccola scintilla per scatenare tensioni e cattiveria.
Il mondo di “Little Children” ci sconvolge ed inquieta perché è come il nostro. Noi siamo proprio come Sarah e gli altri: insicuri, repressi, ambiziosi ma anche incapaci di stabilire le priorità della vita.
E viviamo la stessa realtà fatta di adulteri più squallidi che eccitanti e di rimpianti verso un’esistenza che consideriamo un’occasione persa.
Ed è incredibile vedere come Perrotta e Field rendano i personaggi mai completamente patetici o disprezzabili e anzi tremendamente umani nelle loro paure, spesso “banali” (il “piedino” sotto il tavolo che dovrebbe svelare un tradimento) e spesso no.
Perché di fatto i “Little Children” del titolo non sono i figli e i bambini del quartiere minacciati dal “mostruoso” pedofilo ma piuttosto i nostri protagonisti, incapaci di crescere e ufficializzare il loro status di adulti.
Le anime di questo dramma urbano sono interpretati da attori e attrici semplicemente perfetti, tutti parte di un cast che vede anche la presenza di Jennifer Connelly, Jane Adams, Raymond J. Barry e Phyllis Somerville.
“Little Children” può contare inoltre su una performance davvero indimenticabile, un valore aggiunto di questo splendido film. Tale interpretazione (candidata a suo tempo ai Premi Oscar) si può identificare in un nome: Jackie Earle Haley.
Quello di Ronnie McGovery, maniaco sessuale più confuso che malvagio, era una figura complessa da trasporre sullo schermo. Attraverso una prova intensa e sinistra (oltre che basata sul suo rapporto con la madre e il fratello Tru), Haley riesce a rendere Ronnie profondamente umano e per questo noi possiamo (insieme a un altro personaggio) comprendere il suo dolore e persino compatirlo, pur rimanendo consapevoli della sua patologia.
Per questi motivi “Little Children”, insieme a titoli quali “Happiness” e “American Beauty”, è uno dei film più emblematici sul dramma umano nascosti dietro l’immagine da cartolina made in USA.
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