La morte del diciannovenne Santo Romano, freddato da alcuni colpi di pistola a San Sebastiano al Vesuvio, nella notte tra il primo e il 2 novembre, è l’ennesima tragedia che macchia di sangue la Campania. Romano è morto per aver pestato il piede a un ragazzo di diciassette anni, reo confesso,che ha scatenato la rissa, terminata nel peggior modo possibile. Qualche settimana fa era toccato al quindicenne Emanuele Tufano, ucciso senza motivo in zona Forcella. Prima ancora, gli omicidi di Giovanbattista Cutolo, 24 anni, a piazza Municipio e quello di Francesco Pio Maimone, 18 anni, a Mergellina. Tutti giovanissime vittime della violenza dei loro coetanei. Una scia purpurea che sporca Partenope e dintorni e che, nonostante gli appelli di politici e religiosi, non accenna a voler esaurirsi. L’ultimo a parlare di quanto accaduto è stato Geolier, rapper origininario di Secondigliano. Il cantante, al secolo Emanuele Palumbo, ha postato una storia su Instagram che non lascia spazio all’immaginazione: fondo nero, su cui si stagliano poche, incisive parole: «Facili omicidi. La Napoli che non vorrei. Basta.». Nella successiva IG stories, una citazione dal suo brano Ricchezza:
«’Nu guaglione me facette spará
Jеtte â casa, c”o dicette a papà
Isso ricеtte: “Nn’ce vonno ‘e palle a ffá ‘e reate
Ce vonno ‘e palle a faticá”».
Geolier si espone contro la criminalità locale
Il messaggio di Geolier è stato accolto da followers e utenti con un plauso, mentre in rete si moltiplicano le richieste di “disarmare Napoli”, come invocato, pochi giorni fa, anche dall’arcivescovo della città, mons. Domenico Battaglia.
L’artista, arrivato secondo all’ultima edizione del Festival di Sanremo, si è sempre esposto in prima linea contro le armi. Circa un mese fa, durante un evento sulla legalità tenutosi al Teatro Grande degli Scavi di Pompei, organizzato e promosso dall’Associazione Nazionale Magistrati di Torre Annunziata, ha tenuto un discorso davanti a più di mille studenti. «Un libro è meglio di una pistola», ha affermato in quell’occasione, «perché è la cultura che annienta la criminalità». Ha poi concluso l’orazione, ricordando di essere cresciuto lui stesso in un quartiere difficile: «Ho visto molti ragazzi prendere una cattiva strada. Ma sono anche tanti quelli che come me hanno scelto di stare dalla parte giusta.».
Federica Checchia
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