Manuel Locatelli, dai dubbi del Milan alla stima di Pirlo e Guardiola

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Di Redazione Metropolitan

La 2020/21 è sicuramente la stagione migliore della carriera (seppur corta) di Manuel Locatelli. Se parlassimo di basket NBA saremmo davanti – probabilmente – al MIP, al Most Improved Player dell’anno, quello che ha avuto una crescita di rendimento maggiore da una stagione all’altra. Titolo che forse si contenderebbe solo con Danilo della Juventus.

Locatelli-Milan, la pressione del “predestinato”

Il Locatelli di oggi è un giocatore diametralmente opposto a quello che abbiamo conosciuto al Milan. Sia con Brocchi che con Montella e Gattuso, Manuel non ha mai trovato l’ecosistema tecnico e tattico giusto per le sue caratteristiche. Le grandi doti di palleggio corto si intravedevano a sprazzi in un Milan dell’epoca che non aveva una base di possesso solida per far sbocciare la qualità tecnica del ragazzo. Le aspettative su Locatelli da parte del Milan erano altissime già dai tempi delle giovanili e della Primavera rossonera, aspettative che hanno preso definitivamente il volo dopo il gol alla Juventus nell’ottobre del 2016 che regalò al Milan la vittoria sui bianconeri dopo 4 anni. Il ragazzo era entrato nel tritacarne dell’etichetta del “predestinato”, una etichetta che – spesso – fa più danni che altro.

La non-crescita di Locatelli non è stata solamente influenzata da un Milan in ricostruzione, anzi. Il ragazzo era chiaramente acerbo, non nelle condizioni di reggere sulle spalle un intero centrocampo del “Diavolo”. Vuoi i mugugni di San Siro dopo qualche errore di troppo, vuoi l’inesperienza da rookie in Serie A, il Milan ha deciso di non aspettare Locatelli e di cederlo al Sassuolo.

Grazie Sassuolo, grazie De Zerbi

De Zerbi si è trovato in mano un ragazzo ibrido: poco portato alla velocità di pensiero per giocare da regista e non abbastanza performante organicamente per fare la mezzala box-to-box. Dopo esperimenti da vertice basso prima e da interno di centrocampo poi, De Zerbi è stato bravo a dare un senso all’espressione tecnico-tattica del ragazzo: un misto tra “volante” ed “enganche” se volessimo usare il lessico argentino. Un misto tra un numero 5 e un numero 10, tanto per intenderci.

De Zerbi è stato bravo a limare la propensione del ragazzo a futili finezze in zone del campo spesso pericolose e a correggergli la posizione del corpo in ricezione di palla, due dei difetti più solari del primo Locatelli. Corretto quello che c’era da correggere, ecco che il classe ‘98 trova nel dominio di calcio del Sassuolo di De Zerbi la sistemazione ideale nei due di centrocampo del 4-2-3-1.

Il Locatelli di oggi

Il Manuel Locatelli di oggi è un giocatore che sembra non avere limiti alle potenzialità, un giocatore che sempre di più si avvicina al prototipo di centrocampista moderno ed europeo. È un centrocampista con una espressione di calcio e un bagagliaio tecnico che va dal palleggio basso davanti alla propria area, all’imbucata che ti mette il Caputo di turno davanti al portiere passando per il cambio di campo destro/sinistro a 50 metri. La pulizia della giocata – anche sotto pressione – è quella di un giocatore di altissimo livello. Tutti aspetti che hanno portato Locatelli agli occhi prima di Paratici (ormai pupillo da tempo) e poi di Pep Guardiola, uno che di Calcio qualcosa ne capisce, ecco. Sarà dura per Squinzi trattenere il ragazzo dalle lusinghe di Pirlo e Pep, ma una cosa è certa: senza De Zerbi e senza Sassuolo saremmo qui a parlare di tutt’altro.

EDOARDO DI NUZZO

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