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La Lombardia corre ai ripari contro il rapido aumento dei contagi delle ultime settimane. In particolare, il sindaco di Milano Beppe Sala e tutti i sindaci dei capoluoghi, il governatore della Regione Attilio Fontana e il presidente dell’Anci Mauro Guerra, hanno avanzato la proposta che è stata accolta con successo. Da giovedì 22 ottobre in Lombardia scatta l’ora del coprifuoco e cambiano le norme in merito ai centri commerciali. Ecco che cosa cambia.
Lombardia, dal 22 ottobre scatta il coprifuoco
Non sono bastate le misure stringenti adottate dal governo nell’ultimo Dpcm: per la Lombardia era necessario attuare un coprifuoco. Il premier Conte aveva spiegato – appunto – che i sindaci e i governatori potevano intervenire per restringere le norme e non per allargarle: così è stato per la Lombardia. Infatti, i sindaci dei capoluoghi lombardi, il governatore della Regione e il presidente dell’Anci hanno premuto per l’introduzione di norme più stringenti. La Lombardia oltre ad essere stata la Regione più colpita nella prima ondata pandemica, è attualmente la Regione che ha registrato il maggior numero di contagi.
Dunque, da giovedì 22 ottobre i cittadini dovranno rimanere a casa dalle ore 23 alle ore 5 del mattino e potranno uscire soltanto per motivi “eccezionali” (causati da lavoro, salute o estrema urgenza). Inoltre, nel weekend i centri commerciali resteranno chiusi per evitare l’assembrarsi di troppe persone al loro interno, fatta eccezione “per gli esercizi di generi alimentari e di prima necessità”.
“Sono d’accordo sull’ipotesi di misure più restrittive in Lombardia – ha commentato il ministro della Salute Roberto Speranza -. Ho sentito il Presidente Fontana e il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, e lavoreremo assieme in tal senso nelle prossime ore”.
I dati Covid in Lombardia
Attualmente la Lombardia è la Regione maggiormente colpita dai contagi da coronavirus: sono 113 i pazienti Covid ricoverati in terapia intensiva, mentre i ricoverati non in terapia intensiva sono 1.136. La Commissione Indicatori, inoltre, aveva stimato entro il 31 ottobre circa 600 ricoverati in terapia intensiva e fino a 4.000 in terapia non intensiva. La decisione dei vertici lombardi, quindi, deriva quindi dall’analisi “di quanto rappresentato dal Comitato Tecnico Scientifico lombardo“.