Lords of the Fallen Recensione… tardi. L’ultimo SoulsLike è stato lanciato in pompa magna ormai qualche settimana fa, come quarta nuova venuta (e mezzo) di sua maestà Dark Souls. E devo dire che mi ha divertito più di quanto mi aspettassi, anche se meno di quanto sperassi. L’accoglienza tiepidina che gli è stata riservata un po’ ovunque non ha aiutato forse, chissà. Ne approfitto, allora, e scrivo questa recensione breve “per ultimo”. Conscio ma non influenzato (spero non troppo almeno) dalle opinioni dei miei colleghi della stampa specializzata.
Lords of the Fallen Recensione, ambientazioni ispiratissime
Partiamo, in questa recensione di Lords of the Fallen, da quello che funziona bene, e anche parecchio: la lore, le ambientazioni, il level design e in generale la direzione artistica. Partendo da quella del primo Lords of the Fallen del 2015, fin troppo massiccia e “di Wharhammeriana memoria”, qusi uscita da un cartone animato anni 90 “tutto muscoli” e con gli spadoni luccicanti di verde, questo sequel abbraccia fisicità meno pronunciate e gonfie, mostruosità meno abbiette. E, in generale, un’eleganza stilistica più vicina che mai agli ultimi Souls.
Basterebbe questo, a una prima occhiata, a giustificare la definizione di “Dark Souls 4.5” che gli sviluppatori attribuirono al loro progetto pre-lancio.
Ciononostante, l’identità del progetto non è da mettere in discussione, soprattutto quando si pensa al mondo oscuro celato appena “dietro le tende”. Sia la superficie che Umbra, il sottosopra a cui si accede morendo o in cui “si sbircia” con una torcia in cerca di passaggi segreti, tesori nascosti e altro, sono regioni opprimenti e marcescenti. Ma mentre la prima, lo dicevamo, è in pieno stile From Software 2.0, giocata su contrasti intensissimi di luce e ombra e tonalità ipersature, la seconda offre spettacoli più “sfocati”: in linea con la tematica dell’oltretomba,comunque.
Paesaggi a cui sembra essere stato apposto un filtro blu, una patina che rappresenta l’ostilità dell’aria densa di morte. Che ridefinisce del tutto l’atmosfera. E poi, torna a galla anche quel sapore da Greyskull succitato, fatto di armature immense, teschi enormi che camminano su zampette piccole piccole e altre mostruosità poco proporzionate.
Lords of the Fallen originale cercava quindi di distaccarsi energicamente dal colpo d’occhio Fromsoftwariano, proponendo la sua personale versione riveduta e corretta, con sforzo intellettuale notevole. Mentre il nuovo prodotto gli è più vicino, ma solo quando serve. Quando se ne discosta lo fa con più ragione, e lo motiva a livello di storia. Lo distingue pure nel gameplay, ridefinendo l’aggressività dei nemici, i ritmi, la vibe generale. La pesantezza dei controlli, persino. Ma forse, solo in apparenza. Perché anche lato gameplay, Lords of the Fallen si è “ripulito” tantissimo rispetto al passato…
Lords of the Fallen Recensione, problemi tecnici e soddisfazione VS sollievo
…anche se probabilmente non abbastanza, purtroppo. Dove Lords of the Fallen infatti dimostra ancora una volta di non riuscire ad eccellere è nella pulizia tecnica, e nella definizione di una difficoltà equilibrata. Partiamo da questo punto, dato che il primo, bene o male, dal lancio al momento in cui leggerete questo pezzo è stato già parecchio aggiustato.
Difficile è una parola… difficile. Ancor di più, è un concetto, uno stile di gioco “difficile” da definire con chiarezza. Quanto deve essere difficile una sfida per essere difficile, senza essere difficile al punto che chi la voleva difficile la ritenga troppo… difficile? Difficile a dirsi (e difficile leggere queste frasi con così tanti “difficile”). Ma è questo il punto: ad oggi, in pochissimi hanno eguagliato il virtuosismo di From Software nel palleggiare con la morale dei giocatori solo fino al punto prima dell’esplosione della frustrazione. Persino L’ultimissimo e apprezzatissimo Lies of P ha fallito in questa missione, o meglio, non l’ha sempre soddisfatta appieno.
Lords of the Fallen, però, a volte sembra non averci nemmeno provato. Perchè no, non è difficile superare un corridoio inzeppato di nemici che ti oneshottano, mentre dall’alto piovono dardi magici. E anche se provi a correre attraverso questo inferno ti ritrovi dentro un burrone. Non è difficile dover schivare un attacco di un Boss che ha una finestra di evitabilità talmente risicata da farti sperare di rientrare in un seed di sfida col nemico che ci risparmi da quella movenza. E, per contrasto, non è per niente facile disegnare un intero gioco intorno alla possibilità di far morire il protagonista per una volta a checkpoint. Ma senza farlo crepare davvero. In stile Sekiro Shadows die Twice, per capirci.
Con buona pace dei puristi del SoulsLike, queste sono situazioni “frustranti” e basta. In cui la soddisfazione per il superamento di un limite non si percepisce come proprio. Come incapacità da colmare con l’apprendimento di movimenti e schivate. Bensì, lascia il posto al sollievo di non dover mai più (si spera) addentrarsi in una situazione simile. Sollievo e soddisfazione, però, sono due emozioni molto diverse, e conducono su sentieri decisamente contrapposti nella sfera dell’ apprezzamento di un gioco “difficile”.
Lords of the Fallen è come Dark Souls 2
Non so se ci avevate fatto caso, ma a me è parso quasi subito evidente. Lords of the Fallen è come Dark Souls 2. Pieno di problemi tecnici e di ottimizzazione al lancio? Check. Con una difficoltà sbilanciata, un enemy positioning tendente al folle? Check. RIchiama il passato della serie a cui appartiene, ma non lo fa esplicitamente se non in elementi puntuali. Che usa come leva per dimostrare la sua superiorità presunta, piuttosto che per l’effetto nostalgia? Check. Si può andare avanti eh.
Come Dark Souls 2, Lords of the Fallen è ispirato sotto il profilo dell’immaginario e delle aree visitabili, che sono una ventata di aria fresca anche quando ripropongono le medesime vibe già provate in altri giochi. Di grande impatto, non sempre positivo, sono anche le modifiche al gameplay, la struttura delle schivate e del peso trasportabile, dell’ equipaggiamento, dei moveset per le armi e la progressione del personaggio. Anche Dark Souls 2 si giocò la partita sul filo del dual wielding, una novità, e non tutti la trovarono apprezzabile. Finchè… non successe qualcosa.
Finchè non uscirono nuovi souls che, per timore dell’opinione pubblica, fecero marcia indietro su molte delle innovazioni del secondo episodio, comprese alcune che in effetti funzionavano. Facendo riemergere così coloro a cui il gioco, in effetti, in fondo era piaciuto, ma se ne erano stati zitti in attesa di tempi migliori ed interlocutori meno severi.
C’è da dire, che Dark Souls 2 ha beneficiato non poco di Scholar of the First Sin, un update completo e corposo che lo ha rimodellato in più di una zona critica. Eppure, date le dichiarazioni dei developer, la struttura del gioco, la trama e la lore, io ne sono solo più sicuro dopo ogni parola che scrivo: Lords of the Fallen è come Dark Souls 2. E come Dark Souls 2, si spera, gioverà di una riscoperta futura. Guardando i progressi fatti rispetto al primo capitolo, del resto, non può essere altrimenti.
Anche per questo, la recensione che avete appena letto non ha voto. Non ancora. Voglio prima provare a dar corpo alla mia predizione. E se mi sarò sbagliato, pace: nel frattempo, con Lords of the Fallen, mi sono comunque divertito moltissimo.
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