Il 2 novembre del 1906 nasceva una delle personalità più autorevoli del panorama cinematografico italiano. Portò sul grande schermo un nuovo genere, quello del Neorealismo, si occupò con accuratezza del contesto storico in cui viveva e restituì al pubblico dei grandi teatri storie di artisti allora poco conosciuti nel bel paese. Il suo nome è Luchino Visconti, regista e sceneggiatore considerato uno dei maggiori intellettuali del XX secolo. Ideali politici e accuratezza dei dettagli storici caratterizzano le sue pellicole e ricordano al pubblico il suo impegno nella Resistenza a fianco del Partito comunista. Centoquindici anni dopo la sua nascita il “conte rosso” continua a vivere grazie a numerosi capolavori, testimonianza culturale di un’Italia che non può essere dimenticata.
Figlio del Duca Giuseppe Visconti di Modrone e di Carla Erba, industriale farmaceutica, Luchino cresce nell’ambiente aristocratico milanese. Sebbene non si dedichi allo studio con costanza, il ragazzo è un accanito lettore e, frequentando assiduamente con la famiglia il Teatro la Scala di Milano, diventa un appassionato delle arti sceniche. Una volta concluso il servizio militare si dedica con tutte le sue forze ad allevare cavalli purosangue. Nel 1934 si avvicina al mondo del cinema con un film amatoriale girato in 35 mm e da allora non abbandona più la cinepresa.
Luchino Visconti: Parigi, il cinema e il neorealismo
E’ la città di Parigi a cambiare completamente la sua vita. La sua relazione con la stilista Coco Chanel lo porta nella capitale francese, dove conosce Jean Cacteu, Kurt Weil e Jean Renoir. E’ sotto la direzione del famoso regista francese che Visconti esordisce come aiuto regia nel film del 1936 “La scampagnata“. Segue, poi, “Tosca” del 1941, in cui interviene anche Carl Koch. In quest’ambiente intellettuale acceso Luchino si forma sia da un punto di vista professionale, che politico. L’aristocratico milanese si avvicina al partito comunista francese e, una volta tornato in Italia, nello specifico a Roma, entra in contatto con il gruppo antifascista della rivista “Cinema“. Qui conosce Giuseppe De Santis, Mario Alicata e Gianni Puccini, con i quali da vita al Neorealismo. Il manifesto di questo nuovo genere cinematografico è “Ossessione” del 1943.
Sempre nello stesso anno, dopo aver combattuto nella Resistenza ed essere stato imprigionato, realizza il documentario “La terra trema“. Pellicola che viene apprezzata dalla critica e vince il “Premio internazionale per valori stilistici e corali” alla Mostra del Cinema di Venezia. Il regista continua ad essere premiato grazie a “Bellissima“, film interpretato da Anna Magnani, che vince il Nastro d’argento. Nel 1954 gira “Senso“, pellicola che riscuote grandi apprezzamenti da parte del pubblico.
Luchino Visconti: il rivoluzionario pluripremiato
A teatro come al cinema Luchino Visconti porta una ventata di aria fresca, sia da un punto di vista stilistico, che per la scelta di sceneggiature originali e sconosciute in Italia. Allestisce spettacoli quali “La macchina da scrivere” e “Parenti terribili” di Jean Cocteu, “Un tram che si chiama desiderio” di Tennessee Williams, “Morte di un commesso viaggiatore” di Arthur Miller e molti altri. A metà degli anni ’50 continua a dirigere opere teatrali, ma la sua attenzione si sposta sul melodramma e sulla lirica. Torna alla Scala con ben 5 spettacoli, in cui la protagonista è Maria Callas. Si tratta de “La vestale“, “La sonnambula“, “La Traviata“, “Anna Bolena” e “Ifigenia in Tauride“.
Nel 1960 torna dietro alla cinepresa con “Rocco e i suoi fratelli“, titolo con il quale si guadagna il Premio della giuria a Venezia. Tre anni dopo approda a Cannes e sbalordisce il pubblico con un capolavoro: “Il gattopardo“, film vincitore della Palma d’oro. Il regista continua a fare incetta di premi al Festival di Venezia con il Leone d’oro “Vaghe stelle dell’orsa” e successivamente con i film della trilogia germanica, tra cui è importante ricordare “La caduta degli dei” del 1969, candidato agli Oscar per la miglior sceneggiatura e vincitore del Nastro d’argento per la miglior regia. Vince, nuovamente, il premio ai David di Donatello con “Morte a Venezia” e nel 1973 trionfa con “Ludwing“, sia per la miglior regia, che per il miglior film.
Prima di finire le riprese di quest’ultimo film, Luchino Visconti viene colpito da un ictus e rimane semi paralizzato. Nonostante ciò, gira altri due film: “Gruppo di famiglia in un interno” e “L’innocente”, tratto dal romanzo di Gabriele d’Annunzio. Poco dopo aver visto il primo montaggio di quest’ultimo film, il “conte rosso” viene colpito da una grave forma di trombosi e il 17 marzo del 1976 saluta per sempre il suo vasto pubblico.
Marta Millauro
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