Cultura

Lucio Fontana, il padre dello spazialismo

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Lucio Fontana dal critico Giulio Carlo Argan uno dei più coerenti artisti del nostro secolo, è stato un pittore, sculture e ceramista. Le sue opere sanciscono una rottura della rappresentazioni tradizionali dello spazio nell’arte contemporanea. Nato in Argentina il 19 Febbraio del 1899, si è avvicinato al mondo dell’arte lavorando nello studio di scultura del padre Luigi Fontana. Si diploma nell’Accademia di Belle arti di Brera nel 1926. Nel 1966 vince il Gran premio internazionale della pittura alla Biennale di Venezia.

Nel 1947 firma il manifesto dello Spazialismo con Giorgio Kaisserlian, Beniamino Joppolo e Milena Milani, i cui punti fermi erano il superamento dell’arte del passato, il tentativo di far uscire il quadro dalla sua cornice e la produzione di forme che utilizzassero i nuovi mezzi della società di massa. Nel Manifesto del movimento spaziale per la televisione del 1952 immagina l’architettura di una città contemporanea in cui vengono integrati materiali nuovi come la televisione.

Il gesto di rottura di Lucio Fontana

Concetto spaziale: Attese. 1968. Tecnica mista.
Concetto spaziale: Attese” 1968. Tecnica mista

L’artista stesso definisce la sua un’arte concettuale, in cui il gesto distrugge la finzione spaziale. È un gesto in negativo, dal valore conoscitivo e dunque un gesto intellettuale. In pittura, nella sua celebre serie di “Tagli”, titolati anche “Concetti spaziali: attese” (1958-1968) e con i “Buchi” (1949-1968), i tagli netti e i fori vorticosi sulla tela ristabiliscono la continuità tra lo spazio al di qua e lo spazio al di là del piano. Dopo aver disteso il colore sulla tela, la taglia con uno o più tagli rapidi e affilati.  In scultura distrugge ciò che prima ha modellato, sancendo la fine dello spazio solitamente occupato da un volume plastico. 

Un tratto caratteristico dell’artista è l’uso di diverse tipologie di superfici e materiali. Ricordiamo la serie chiamata “Olii” (1957-1968), contraddistinta dall’uso del colore a olio, materiale plasmabile che Fontana incide, lacera e buca, operazione che ripete con i “Metalli” (1961-1968), lamiere specchianti di cui squarcia la superfice. Con le “Ambientazioni” (1926-1968) instaura un dialogo tra arte e spazio architettonico, dando vita a istallazioni al neon, plastici in gesso, calce, cartapesta o in vernice fluorescente.

Eleonora Ceccarelli

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