Benvenuti nell’universo cinematografico di Movie Award. Faremo un viaggio a Cannes alla scoperta di un film che ha vinto la Palma d’oro. Parleremo di Polonia, di Solidarność e di scioperi. Abbiamo dedicato la puntata di oggi a “L’uomo di ferro” di Andrzej Wajda

Il servizio d’ordine degli operai mi riconobbe subito ai cancelli e mentre ci dirigevamo alla sala dibattiti uno degli uomini del cantiere mi disse: “Faccia un film su di noi!”. “Che film?” “L’uomo di ferro!” mi rispose senza pensarci. Non avevo mai girato un film su commissione, ma quell’appello non lo potevo proprio ignorare

Con questo anneddoto del grande sciopero di Danzica del 1980 Andrzej Wajda spiegò l’origine di “L’uomo di ferro” seguito di “L’uomo di marmo”. L‘urgenza del momento e la portata di quel cambiamento storico portato dal movimento Solidarność aveva reso necessario questo film che rappresenta tutt’oggi un documento importante dell’epoca. Wajda riuscì a girarlo non senza problemi sfruttando un breve momento di tolleranza dell’allora regime polacco dopo l’accordo tra il governo e Solidarność. Il tutto utilizzando a piene mani documenti raccolti nei giorni del grande sciopero.

L’uomo di ferro, uno spaccato di storia della Polonia degli anni 80′

Una scena di L’uomo di ferro, fonte ouija8555

Se con L’uomo di marmo Waida realizza un perfetto spaccato sulla realtà degli anni 50′ in Polonia e sulla sua situazione politica negli anni 70′, anche “L’uomo di ferro” è un perfetto documento sugli anni 80′ polacchi e la portata dirompente di Solidarność. I due film sono perfettamente collegati come dimostra il fatto che il giovane protagonista di “L’uomo di ferro” è il figlio dell’eroe del film precedente dove viene presentato. Anche la struttura di questo film segue molto quella del primo. Anche in questo caso, come in “L’uomo di marmo”, abbiamo un protagonista-narratore impegnato a cercare informazioni con cui raccontare un determinato personaggio con la narrazione spezzata da diversi flashback.

La vittoria a Cannes e il caso Cimino

Un film fortemente d’impatto come “L’uomo di ferro” non poteva non passare inosservato agli occhi della giuria di Cannes che assegnò a Andrzej Wajda la Palma d’oro. Tutta via non mancò chi evidenziò alcuni difetti in questa pellicola come quello di essere troppo propagandistica e sentimentalista. Un vero e proprio caso fu poi la mancata premiazione di un cult come “I cancelli del cielo” di Michael Cimino già bastonato ingiustamente dalla critica americana e condannato definitivamente al fallimento dopo essere uscito senza nessun premio dalla Croisette.

Stefano Delle Cave

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