Mafia: centinaia di arresti a Bari e in Calabria

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Di Redazione Metropolitan

Si apre il vaso di Pandora. Bari, 90 condanne e 15 anni di traffici venuti allo scoperto. Calabria, 14 ordinanze di custodia cautelare per il clan Labate.

La lotta alla mafia richiede, oltre al coraggioattenzione e pazienza. Attenzione, perché chi la combatte deve infiltrarsi negli anfratti più insospettabili, con i propri sensi dispiegati al massimo per cogliere ogni passo, ogni piccolo errore. Pazienza, perché per ricostruire 15 anni di criminalità organizzata nel barese e emettere 14 ordinanze di custodia cautelare cosca Labate in Calabria non ci vuole poco.

Ci vogliono anni di indagini, di intercettazioni, di interrogatori. Ci vogliono le confessioni di 50 pentiti, milioni di pagine di atti, ordinanze e sentenze. E ci vuole coraggio. Il coraggio degli imprenditori calabresi che, esausti dei continui soprusi, hanno deciso di unirsi e denunciare le estorsioni di cui sono vittime. 

Tra ieri e oggi, tra Calabria e Puglia, la giustizia si sta facendo strada sempre di più. Il maxi-blitz della polizia ha intercettato e bloccato le operazioni criminali della cosca Labate, intesa “Ti Mangiu” di Reggio, con 12 condanne al carcere e 2 agli arresti domiciliari.

Ieri, a Bari, ben 90 condanne a pene comprese tra i 12 anni e i 16 mesi di reclusione nei confronti di presunti affiliati ai due clan Diomede-Mercante e Capriati. Accuse che vanno dall’associazione mafiosa pluriaggravata alla detenzione e spaccio di droga, dal sequestro di persona a tentati omicidi.

Oggi: gli arresti in Calabria

Le indagini sul fronte calabrese iniziano nel 2012. L’operazione Helianthus portò all’arresto del latitante Pietro Labate, capo della cosca che porta il suo nome. Con lui, diverse agende da lui stesso redatta in cui figuravano nomi di persone e aziende con cui il clan aveva avuto a che fare.

Quando è stato arrestato oggi, a suo carico gravavano ancora le accuse che lo ritengono responsabile di associazione mafiosa ed estorsione aggravata. Insieme a lui, il fratello Antonino e il cognato Rocco Cassone. Il contenuto delle agende aveva già aperto una pista, ma le denunce di affermati imprenditori del settore edile e immobiliare hanno rappresentato un notevole aiuto.

Le dichiarazioni rilasciate ai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria sono a proposito di centinaia di migliaia di euro di estorsioni. Ovviamente, non sono mancate minacce e imposizioni. Ad esempio quella di acquistare i materiali da aziende affiliate al clan. O ancora, impedire ad un commerciante di aprire la propria attività perché infastidiva un negoziante sotto il mantello della cosca.

L’interesse dell’organizzazione sembra essere l’estorsione ai proprietari di attività commerciali e imprese, soprattutto di quelle che si occupano di appalti dell’edilizia privata. Tuttavia, si sono svelati nuovi movimenti negli ambiti delle scommesse online, delle corse clandestine di cavalli e delle slot machines. 

Il vaso di “Pandora” a Bari

Il nome dell’indagine nel barese è ben diverso e più originale: Pandora. Pandora, come la ragazza del vaso del mito greco, il vaso che conteneva tutti i mali del mondo. Così, l’indagine sulla criminalità organizzata contiene tutti i segreti e i sotterfugi che in 15 anni sono stati tenuti rinchiusi e si rivelano solo oggi.

Tra i 90 arrestati compaiono i nomi di personaggi -purtroppo- già noti. Nicola Diomede e Domenico Conte, boss di Bari e Bitonto, il pregiudicato Gioacchino Baldassarre, Saverio Belviso, sono coloro ai quali sono state inflitte le pene più gravose.

Le indagini hanno rivelato traffici ramificati a fondo per l’intera regione, che toccano Altamura, Gravina, Valenzano, Triggiano e soprattattutto Bitonto. Di più: accertata anche la collaborazione con altri clan pugliesi, con Cosa Nostra, fino ai più fitti rapporti di narcotraffico con  Camorra e ‘Ndrangheta.

Il processo si sta svolgendo nell’aula bunker di Trani con rito abbreviato e gli imputati sono accusati di affiliazione ai clan Diomede- Mercante e Capriati. Le arringhe difensive inizieranno il primo luglio.

“la mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine.

Giovanni Falcone

L’aula bunker, centinaia di arresti, intercettazioni e mesi di lavoro instancabile da parte delle forze di polizia, del ROS, dei magistrati, degli investigatori. Uno scenario che ricorda lontanamente gli anni del Maxi Processo palermitano. Forse, è proprio per questo che, anche se con un tocco di amarezza, si accende una speranza: che continuino a “vincere i buoni”.