Di Maio sarà il candidato premier del M5S, tensioni nella base

Foto dell'autore

Di Redazione Metropolitan

Il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio ha ufficializzato la propria candidatura a premier per le future elezioni politiche. La base si è spaccata alla notizia.

L’annuncio è stato dato dallo stesso Di Maio sul suo profilo Facebook, ufficializzando una notizia che per chi segue le vicende politiche del Movimento era abbastanza scontata. «Oggi ho accettato la mia candidatura a premier per il Movimento 5 Stelle», queste le parole del vicepresidente della Camera inserite in un lungo post.

«Come tanti di voi, ho iniziato questo percorso 10 anni fa, l’8 settembre del 2007 con un banchetto. Ed è dal banchetto dei nostri attivisti siciliani, di Caltanissetta che voglio parlarvi oggi. All’inizio non volevamo neanche entrare nelle istituzioni, pensavamo che bastasse proporre alla politica progetti validi per essere ascoltati. Ma ci hanno ignorati. Per questo abbiamo deciso di entrare nelle istituzioni dall’opposizione per far conoscere al Paese il loro indegno modo di gestire la cosa pubblica. E hanno passato il tempo a deriderci. Quando il Movimento 5 Stelle è diventato la prima forza politica del Paese, hanno avuto paura e hanno iniziato a combatterci con tutto il potere mediatico e politico che avevano a disposizione. Siamo ancora qui, più forti di prima. E ora dobbiamo completare l’opera: andiamo a Palazzo Chigi e facciamo risorgere l’italia. Oggi ho accettato la mia candidatura a Premier per il Movimento 5 Stelle. ‘Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci’».

Di Maio chiude con una citazione di Gandhi, ma il clima all’interno del Movimento è tutt’altro che pacifico. Alla notizia non sono mancati i commenti negativi di alcuni parlamentari, seguiti a ruota da parte della base degli attivisti. Motivo del contendere è innanzitutto il cambio di passo nelle rigide regole del Movimento, garantista con alcuni (lo stesso Di Maio, o Virginia Raggi) e intransigente con altri (Riccardo Nuti). E’ stato proprio Nuti a dare il via alla polemica, sempre via Facebook.

«Nuti indagato? Sospeso. Altri parlamentari m5s indagati? Non sospesi. Raggi indagata? Non sospesa.
Di Maio indagato? Non sospeso e premier». Nuti è tra i parlamentari indagati per la storia delle firme false alle elezioni amministrative di Palermo, insieme alle colleghe deputate Giulia Di Vita e Claudia Mannino, oltre ai deputati regionali Claudia La Rocca e Giorgio Ciaccio. Parte della base ha dato a Nuti del “traditore”, ricordandogli i motivi della sua sospensione, altri invece hanno storto il naso a questa svolta “garantista” del Movimento, prima estremamente rigido sull’argomento.

Secondo il nuovo regolamento per le candidature del M5S, tuttavia, la posizione di Di Maio sarebbe perfettamente compatibile. Come si può leggere, infatti “Ai candidati a conoscenza di indagini o procedimenti penali verrà richiesto un certificato rilasciato ai sensi dell’art. 335 del c.p.p., nonché i documenti relativi ai fatti contestati ed una breve relazione illustrativa dei fatti con autorizzazione espressa alla pubblicazione di tali atti nell’ambito dello spazio riservato a ciascun candidato”. Essere sotto indagine quindi non è una causa di esclusione dalla corsa alla premiership. 

Lo stesso Di Maio ha poi ribadito all’Ansa: «Io resto della mia idea. Chi è indagato per reati gravi non è candidabile. Se poi si è indagati come atto dovuto per una denuncia del Pd o ti becchi una querela come è accaduto a me per aver detto ‘i cittadini apprezzano sempre quando una forza politica allontana chi si approfitta della stessa’, è evidente a chiunque sia un minimo onesto intellettualmente che la cosa cambia, che dite? Altrimenti  qui cominciamo il gioco che dal Pd e da altri partiti ci querelano per nulla per farci fuori».

La querela contro Di Maio è stata sporta dalla candidata genovese Marika Cassimatis per diffamazione. Tuttavia è vero che la posizione dei 5S si sia molto evoluta rispetto al dogmatismo dei primi tempi, dove bastava sul serio essere sfiorati da un sospetto per essere sospesi o espulsi. A questo punto il dubbio che sorge è uno: i Cinque Stelle stanno cominciando realmente ad ammorbidire la propria posizione sul garantismo, diventando meno rigidi? O si tratta di una manovra fatta per salvaguardare solo il potenziale premier in pectore (Di Maio, per l’appunto) ed evitare anche il crollo rovinoso della giunta di Virginia Raggi nella capitale, su cui pende comunque un’indagine spinosa?

Lorenzo Spizzirri