In occasione del nostro appuntamento settimanale con il Dantedì, oggi parliamo del Canto XXI dell’Inferno. Dante e Virgilio si trovano nella V Bolgia dell’VIII Cerchio, dove sono puniti i barattieri. A sorvegliare il luogo infernale sono i Malebranche, terribili demoni alati.
I dannati della V Bolgia, i barattieri
E’ la mattina di sabato 9 aprile (o 26 marzo) del 1300, verso le 7:00. Dante e Virgilio si trovano sul punto più alto del ponte che sovrasta la V Bolgia. Qui sono puniti i barattieri, colpevoli di aver usato le loro cariche pubbliche per arricchirsi attraverso la compravendita di provvedimenti, permessi, privilegi. Questi sono immersi nella pece bollente, di cui è piena l’intera bolgia e da cui Dante resta incantato. I dannati, infatti, sono costretti a restare sommersi nella sostanza infuocata, non dal calore ma dall’arte divina. I barattieri non hanno la possibilità di divincolarsi dalla pece oscura.
La vista dei Malebranche, guardiani della V Bolgia
Mentre il poeta osserva la pece, Virgilio richiama la sua attenzione e Dante può finalmente dedicarsi ad osservare un diavolo nero che corre velocissimo e agile su per il ponte. Il diavolo ha un aspetto feroce, mentre spalanca le sue ali e tiene sulla spalla l’anima di un dannato di cui afferra le caviglie con la mano artigliata.
e vidi dietro a noi un diavol nero
correndo su per lo scoglio venire.
Ahi quant’elli era ne l’aspetto fero!
Descritto come un pauroso angelo nero, il demone è uno dei Malebranche, i diavoli che custodiscono la V Bolgia. Dante li rappresenta neri, alati, armati di bastoni uncinati con cui costringono i dannati a stare immersi nella pece bollente.
Il demone Malacoda
Consigliando al compagno poeta di nascondersi dalle minacce dei mostri alati, Virgilio si avvicina ai Malebranche, con fare sicuro e autorevole. Dalla folla emerge, in particolare, uno di loro. E’ Malacoda. Quest’ultimo sembra essere il portavoce dei demoni e sembra avere potere sugli altri, che chiama tutti per nome. A questo punto, Dante può avvicinarsi nuovamente al poeta latino: nonostante tema terribilmente i demoni, non deve ora avere paura di loro, che sono temporaneamente tenuti sotto controllo dal loro capo.
Malacoda inganna i due viaggiatori
Il capo dei demoni della V Bolgia ordisce un inganno ai danni dei due poeti, dando inizialmente una notizia vera. Infatti, per poter proseguire il loro cammino, Dante e Virgilio devono poter passare da un ponte che li conduca alla VI Bolgia. Su informazione di Malacoda, scoprono però che questo è crollato da ben 1266 anni, durante la morte di Cristo. Questa notizia, vera, è tuttavia utilizzata dal demone per trarre in inganno i viaggiatori.
Malacoda dice che un altro ponte lungo l’argine della Bolgia è intatto, cosa falsa perché tutti i ponti sono crollati, e offre ai due poeti la “scorta” di dieci diavoli per consentire loro di raggiungere il punto da cui passare. In realtà lo scopo dei diavoli non è quello di aiutare i due viaggiatori, che riusciranno a sfuggire alle loro grinfie solo nel Canto XXII, quando Virgilio scoprirà di essere stato beffato da uno dei dannati della VI Bolgia.
I poeti, inconsapevoli dell’inganno, si lasciano dunque guidare dai dieci demoni promessi da Malacoda, nonostante i dubbi di Dante.
Ironia e beffa: temi centrali del Canto XXI
La narrazione dell’intero canto si concentra sulle vicende legate ai demoni guardiani della V Bolgia. Si noterà, infatti, che l’incontro con i barattieri viene posto quasi in secondo piano. Detto ciò, sebbene il ruolo svolto dai Malebranche sia lo stesso di quello di altre figure demoniache già viste (ad esempio i centauri del Flegetonte), i demoni della V Bolgia non hanno tuttavia nulla della solennità di quei personaggi. Partendo dalla loro descrizione, quasi un goffo gruppo di diavoli “popolari”, fino alle singole scene, tutto è narrato con una certa ironia.
Lo stesso Virgilio, che si rivolge ai demoni con aria autorevole, ha qualcosa di comico e ironico. Nonostante la sua sicurezza, il poeta latino verrà preso in giro, infatti, dallo stesso Malacoda, che gli fornisce una mezza verità. L’intero canto, dunque, è un continuo accostamento di descrizioni e scene grottesche che contribuiscono a sottolineare l’ironia e l’inganno, centrali nel canto. Tutto è posto nell’idea di fornire immagini beffarde e grottesche, quasi in contrasto con la lontana grandezza e magia che l’intero viaggio infernale aveva finora suscitato.
Martina Pipitone