Ricordiamo oggi un grande artista, padre di un’invenzione simbolo dell’arte contemporanea, il ready-made: Marcel Duchamp. L’artista, nato il 28 luglio 1887, a Blainville-Crevon, in Normandia, è stato non solo pittore, ma anche scultore, e anche scacchista.
Figlio di Eugène e Lucie, si avvicina alla pittura sin da piccolissimo, a soli 14 anni. A lui si deve l’inizio di correnti come il dadaismo, ma soprattutto il surrealismo. Inoltre, è pioniere dell’arte concettuale, con l’ideazione del ready-made e dell’assemblaggio. Vive dunque un’epoca in cui l’arte contemporanea, e in particolare le prime avanguardie, si stavano mostrando al mondo. Infatti subisce influenze impressioniste in primissima battuta, per poi osservare fauvismo, simbolismo, cubismo, e anche futurismo. Si cimenta inizialmente nella pittura in particolare dei ritratti, come ad esempio quello della sorella Suzanne. Poi la sua carriera, come quella di molti suoi colleghi, comincia con la partecipazione al Salon d’Automne nel 1908, grazie alle conoscenze del fratello Jacques.
L’inizio della carriera di Marcel Duchamp
Che la carriera di Marcel fosse segnata dalla stravaganza lo si capisce sin da subito: infatti, al Salon des Indépendants del 1912, una sua opera, Nudo che scende le scale n.2, viene rifiutata, poiché considerata troppo futurista. Tuttavia Marcel non demorde e la sua opera, considerata scandalosa in Europa, viene riproposta a New York, dove invece guadagna successo sin da subito. Così, Marcel approda negli Stati Uniti nel 1915, preceduto dalla sua stessa fama. Nonostante ciò comincia ad abbandonare la pittura, per dedicarsi a un tipo di arte completamente nuova.
L’allontanamento dalla pittura però, non comporta l’allontanamento dall’arte. Infatti, dopo aver conosciuto il lungimirante Man Ray nel 1915, Marcel trova non solo un amico, ma anche un collega. Con lui dunque fonda la Société Anonyme nel 1920, dedicandosi al commercio e collezionismo di opere d’arte. Grazie a lui si avvicina al dadaismo, che nasce da un gruppo di artisti che rifiutavano la ragione e la logica, in favore dell’intuizione, l’irrazionalità e la follia. Tuttavia, anche questa corrente sembrava stare stretta a Duchamp, che ha un vero e proprio lampo di genio, decidendo di stravolgere i canoni artistici anche delle avanguardie.
Il ready-made
Si butta così su una nuova tecnica: il ready-made. Consisteva nel prendere degli oggetti di uso comune, ed estrapolarli dal loro contesto e resi opera d’arte tramite la semplice selezione degli stessi da parte dell’artista. Come per esempio il famosissimo orinatoio, nominato “Fontana“. Realizzato nel 1917, non fu mai esposta al pubblico, e venne perduta. Tuttavia, ne esistono svariate testimonianze. In una lettera del 1917 scritta alla sorella Suzanne, Duchamp confessa di aver concepito il ready-made grazie ad una sua amica, che gli inviò l’orinatoio con lo pseudonimo “Richard Mutt“, che userà per firmare tutte la serie. Come aveva dichiarato lo stesso Duchamp, “Richard” stava per “ricco”, “rich”, il contrario dell’idea di povertà. Mentre “Mutt” era un’alterazione di Mott, denominazione della ditta J. L. Mott che gli aveva fornito il suo esemplare.
Non fu l’unico ready-made realizzato dall’artista, ma fu sicuramente il più famoso, sebbene non venne mai esposto. “Fontana” è stata una vera e propria rivoluzione nel movimento dadaista, che lo considerava il metodo migliore di sconvolgimento e derisione dell’arte tradizionale. È anche la prima opera di arte concettuale, dove gli oggetti già pronti diventano vera e propria arte, anticipando i trend contemporanei di metà e fine secolo. La sua carriera è proseguita per tanto tempo, tanto da permettergli di riavvicinarsi nuovamente alla pittura alla fine degli anni ’40. Tuttavia, dopo l’exploit dada, Marcel Duchamp si dedica appieno ai suoi ready-made, morendo alla veneranda età di 81 anni, il 2 ottobre 1968. La sua eccentricità riecheggia ancora oggi, grazie al suo epitaffio al cimitero di Rouen, dove si legge “D’ailleurs c’est toujours les autres qui meurent”, “d’altronde sono sempre gli altri che muoiono”.
Marianna Soru
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Metropolitan Magazine n.3 – Giugno 2021