Marcello Argilli, all’interno del romanzo di formazione L’altare nero, compie un’analisi lucida e mirata sulle sorti di una generazione di ragazzi; illusi e plasmati dall’educazione di regime, conosceranno e si riconosceranno attraverso la guerra. Nel nuovo appuntamento della rubrica Letteratura per l’Infanzia, un romanzo postumo di uno fra i più grandi scrittori italiani per ragazzi.

Marcello Argilli, L’altare nero come manifesto di una generazione illusa dall’educazione di regime

Spesso si ricorda Marcello Argilli come prolifico autore di fiabe e filastrocche. Tuttavia, L’altare nero si colloca in quel filone di opere in cui l’autore indirizza la sua attenzione verso tematiche adolescenziali. A tal proposito, fra i suoi romanzi per adolescenti si ricordano: Ciao AndreaVacanze col padreI pionieri di Valle scuraMarta quasi donnaSotto lo stesso cielo, Viaggio a sorpresa. Collaborando con Gianni Rodari, i due amici, inventano un nuovo modo per parlare ai piccoli lettori, diventando pionieri della così definita ”Fiaba Moderna”; non più magie e personaggi incantati, ma un’attenzione alla dimensione fantastica del bambino e una propensione a condurlo, attraverso la lettura, verso l’apprendimento e la coscienza di problemi quotidiani da affrontare.

L‘altare Nero è, invece, un romanzo postumo; nonostante sia utilizzata una narrazione in terza persona, è chiara la presenza di una effettiva esperienza di vita vissuta dall’autore. La peculiarità di questo romanzo di formazione, che scandaglia le problematiche adolescenziali e quindi le paure, gli amori, la vita di guerra, è che racconta il punto di vista dalla parte di chi perde. Non è un romanzo a lieto fine; nessuna favola, ma la cruda realtà di una generazione imbevuta di propaganda fascista che si schiera, a discapito di tutto, dalla parte sbagliata senza averne coscienza. Un’opera sulle illusioni, e su quanto alcune possano inficiare l’intero percorso di una vita.

Il contesto storico e una trama realmente vissuta dall’autore

Il protagonista de L’Altare nero è Alberto Luini; diciottenne romano che si arruola volontario in un reparto di paracadutisti della Repubblica Sociale Italiana, contro formazioni partigiane. Una guerra già persa in partenza, collocando porzioni storiche di eventi. Marcello Argilli, ancora diciottenne, diventa anche lui paracadutista volontario della RSI; un’informazione significativa per comprendere a pieno l’anima di quest’opera scritta con una lucidità e un’onestà intellettuale a tratti disarmante. Un’esperienza di vita tragica che porterà l’autore, nel corso della sua esistenza, ad acuire una coscienza democratica prodigandosi attraverso l’impegno politico di sinistra. Senza voler esser pedanti, è utile contestualizzare storicamente la trama in cui L’altare nero è ambientato, per poi meglio carpire la psicologia dei personaggi che, Marcello Argilli, delinea in modo minuzioso pagina per pagina.

Il 3 settembre 1943, l’Italia firma la resa incondizionata agli Alleati. Tale atto sancisce il disimpegno dell’Italia con la Germania Nazista e l’inizio della Resistenza nella guerra di liberazione dal nazifascimo. L’8 Settembre 1943, il generale statunitense Einsenhower parla tramite Radio Algeri trasmettendo il proclama ufficiale. La Repubblica Sociale Italiana, nota come Repubblica di Salò, per gran parte della storiografia rappresenta uno Stato Fantoccio. Essendo un regime collaborazionista fra la Germania di Hitler e l’Italia di Mussolini (settembre 1943 – aprile 1945) nasce in seguito all’Armistizio di Cassibile; lo scopo era governare parte dei territori italiani controllati militarmente dai tedeschi in seguito al proclama dello stesso armistizio.

Lo stesso Mussolini era consapevole del fatto che i tedeschi considerassero il suo regime uno Stato fantoccio, e che di fatto tutto si svolgeva sotto il controllo di Hitler. Un atteggiamento vischioso e propagandistico, volto a illudere giovani leve di soldati dopo aver instillato loro l’amor di Patria ed esortato all’alta fedeltà verso il regime, pur sapendo che la guerra era ormai persa.

Alberto Luini: ideali d’onore, amori in potenza e piccole viltà

Colpisce l’estrema lucidità con cui Marcello Argilli descrive la psicologia di ogni personaggio. Alberto Luini è fiero di far parte del corpo dei paracadutisti; salvo poi, fra le pagine, apparire per quello che è: un ingenuo ragazzo imbevuto di nozioni propagandistiche, impaurito dalla guerra, come ogni essere umano. Alberto non dice mai di aver paura, è un personaggio altero che deve e vuole fare il suo dovere.

Lo tradisce, forse, quel sapore metallico che risale le papille gustative ogni qualvolta ode il tonfo di una bomba. Marcello Argilli, nella narrazione de L’altare Nero, non si limita a scrivere una cronistoria di guerra, ma dà anche spazio ai sentimenti. Non è il solito Argilli che si è abituati a leggere: il linguaggio è rude, a volte tendente al turpiloquio; una scelta stilistica prontamente aderente al contesto e alla psicologia dei personaggi. Si evince, anche, la fame di calore umano che Alberto sente pulsare per tutto il romanzo. Ecco che come alone etereo, già dai primi capitoli, Alberto ripensa al suo primo amore in potenza; Luisa rimasta a Roma. E poi Gegi, la ragazza dai capelli stopposi incontrata a Torino; sembra quasi che, ad Alberto, faccia repulsione per la sua banalità. Eppure, per sfuggire a una caserma umida, fredda e stantia, si gode quei momenti di intimità sfuggendo per un attimo a quelle paure che, per orgoglio, non ammette.

Solo in seguito incontrerà Liliana; una ragazza schiva, mansueta, che sembra colpire il giovane senza tuttavia arrivare a un atto di amore concreto. Ciò che colpisce sono i monologhi interiori di Alberto Luini; lucidità, fermezza, linearità, alterigia ma, anche, tante fragilità. Tramite Alberto, Argilli descrive un universo fatto di apparenti valori di onore; generali, tenenti, e soldati d’alto grado che di patriottico hanno poco quasi nulla. Emblematica la figura di Corrias.

Marcello Argilli, L’altare nero e la consapevolezza della sconfitta

Tutta la linea narrativa de L’altare nero sembra cullarsi in un’ eterna altalena di scale di grigi; anche l’ambiente circostante, infatti, è perfettamente aderente ai toni in cui la storia è raccontata. La trama si snoda in un baluginio di freddi paesaggi; tutto è cinereo, circondato dal grigiore delle fredde campagne invernali, le valli del Canavese, le stanze madide delle caserme. Perfino le vie delle grandi città in cui Alberto si muove, come Torino e Milano, sono immerse in una fioca luce ombrosa, soffocante e asfissiante quasi come presaga di un’espiazione di pena che, di lì a poco, l’orgoglio di quegli illusi soldati dovrà scontare. Una micro-atmosfera rancida e cupa che reclude e non lascia spazio alla concretezza, quella stessa vena risoluta che i superiori di Alberto Luini millantano; Bacci, Pieri, Lampredi.

Il testo scandaglia la psicologia di ogni personaggio in modo molto sottile: gli ordini senza alcuna strategia militare, i comportamenti dei superiori costruiti su blocchi pungenti di viltà. Si passa, infatti, dall’inneggiare al patriottismo e agli alti ideali, al disertare: espressione tangibile di idee effimere, di timori che si insinuano in quello che è sempre stato un preannunciato fallimento.Tutto il romanzo è un continuo accompagnare il lettore alla consapevolezza della sconfitta; ogni parola, espressione, ordine di insuccesso. A volte infastidisce l’orgoglio di Luini e degli altri soldati, quella fermezza di portare avanti un’idea malsana e acquitrinosa; qualsiasi lettore si renderebbe conto di un evidente lavaggio di cervello, un modo di educare proprio del fascismo: illusioni, mezze verità, proclami. L’ultimo capitolo del testo, senza voler svelare troppo contenuto, è disarmante; Marcello Argilli con la maestria che lo contraddistingue fa percepire tutta la delusione, l’illusione e l’amarezza del protagonista e dei suoi compagni.

La figura di Mari e l’importanza di un’amicizia

Il carattere altero e dedito al dovere di Alberto si acuisce anche, e soprattutto forse, nel rapporto con Enzo Mari. Idealista, artista ma, soprattutto, una figura che si ribella alle idee preconfezionate; non il solito anticonformista per partito preso, se si immagina che il contesto storico qui in analisi è quello di una dittatura e, per di più, in un ambiente militare. La personalità orgogliosa di Alberto si evince anche nelle scaramucce con Mari, quando l’amico confessa di aver avuto dei rapporti sessuali con la stessa Gegi che anche lui incontrava nelle sue passeggiate a Torino. Quasi come se non sopportasse l’idea di perdere – nonostante l’evidente la ripugnanza che Gegi gli provoca – inizia una battaglia di tacita virilità con Mari; deve dimostrare di saperci fare più di lui.

Questo episodio tratteggia la fragilità di Alberto raffigurando una situazione spesso solita durante la prima giovinezza, specie fra ragazzi. Il protagonista mostrerà questo lato fiero anche di fronte alla morte dell’amico:

”S’inginocchiò sull’erba umida, consapevole di contemplare un corpo estraneo che ripugnava proprio perché aveva le fattezze di Mari. […] Qualcosa era svanito per sempre, anche il discorso che voleva fargli. Sei un fallito, Enzo: lo era davvero perché si era fatto ammazzare da fesso”.

Alberto soffre per la morte di Enzo perché in fondo, come dirà nel corso del romanzo, è l’unico che lo capisce. Ma neanche di fronte alla morte si lascia andare; sorpreso da una sentinella a contemplare il corpo di Mari, sulla difensiva, contrattacca. L’Altare nero racconta di una generazione di giovani e che ha conosciuto una sola parte di storia; una testimonianza di quanto la libertà intellettuale sia fondamentale. Di quanto alcuni episodi storici puntualmente si ripetano negli anni; accertando di come non si sia appreso nulla da libri preziosi come questo.

Stella Grillo