Maria e Martina, il lato rosa dei Mammuth

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Di Redazione Metropolitan

Oltre a Maria Arcese, prodotto del vivaio e da tre stagioni nella senior maschile, si è aggiunta quest’anno Martina Massa. Le due ragazze sono parte della formazione capitolina, si sono integrate nel migliore dei modi nel gruppo e nei meccanismi della squadra.

“Sulla scena facevo tutto quello che faceva Fred Astaire, e per di più lo facevo all’indietro e sui tacchi alti.”

Tutti noi conosciamo, oppure almeno una volta nella vita abbiamo sentito nominare il nome della ballerina, attrice e cantante americana Ginger Rogers. Bella, elegante, ma sopratutto bravissima fu per anni partner nel lavoro di Fred Astaire che troppo spesso la tenne nel suo cono d’ombra offuscandone il talento. Eppure come lei stessa ammise, non solo faceva le stesse cose, ma con un livello di difficoltà di gran lunga maggiore.
Negli sport con una cultura prettamente maschile si tende a guardare con sospetto e curiosità la partecipazione di atleti femminili. Certo ormai, a differenza di qualche anno fa, si sta consolidando un movimento rosa con tanto di campionato e coppa Italia ad esso dedicate, ma ci sono ragazze che si divertono e si mettono alla prova nel disputare campionati senior maschili. Ancora oggi non è facile rompere i pregiudizi, farsi accettare e dimostrare di essere all’altezza. In molti rimangono sempre sorpresi nell’apprendere che uomini e donne possono prendere parte agli stessi campionati. Ovviamente il gentil sesso deve essere ben conscio del lavoro, dell’ambiente e le difficoltà del caso.
Chi sta portando avanti questo lavoro con dedizione e sacrificio, facendosi accettare riuscendo ad divenire parte integrante di un gruppo sono proprio le due atlete che giocano con i Mammuth: Maria Arcese, che venne chiamata a far parte della prima squadra ben tre stagioni fa e Martina Massa, giunta quest’anno in maglia giallorosa.
Abbiamo chiesto ad entrambe la loro opinione e se una “quota rosa” all’interno del gruppo possa divenire un valore aggiunto.

Martina Massa durante una gara di campionato di serie B  Foto ©Rita Földi Photography

Martina: “Credo di poter affermare che avere delle ragazze in una squadra prevalentemente maschile, dia la possibilità a tutta la squadra di sviluppare maggiore complicità cercando di sfruttare al meglio i punti di forza di ciascun giocatore a prescindere dal sesso.
Ad esempio, è un dato di fatto che ci siano delle differenze nella prestazione fisica tra uomini e donne, nell’80% dei casi un uomo ha più forza o più resistenza. D’altro canto le donne sanno essere più razionali ed avere magari una lucidità tale da mantenere una visione di gioco più chiara ed aiutare la squadra a ricostruire un’azione in caso di necessità. Inoltre spesso uomini e donne vedono cose diverse, quindi anche nell’analisi di gioco, nei post partita, negli schemi di allenamento avere i due punti di vista a confronto consente di avere un quadro della situazione globale, più completo.
In sostanza sì, credo che una o più presenze femminili siano effettivamente un valore aggiunto in una squadra maschile (come, per i motivi sopra elencati, probabilmente lo sarebbe una presenza maschile in una squadra prevalentemente femminile). Per me questo è il primo anno con la prima squadra dei Mammuth e posso dire di essermi sentita subito a mio agio, supportata ed “accettata” da tutti compagni. Sicuramente per me è stato più facile rispetto a Maria, perché c’era già lei da anni che aveva fatto il grosso del lavoro per l’integrazione. Inoltre posso dire che questa è una società che, rispetto ad altre, ci dà spazio, ci fa giocare, non ci tiene in panchina a prescindere, ecco!”

Maria Arcese durante una gara di Coppa Italia Foto ©Rita Földi Photography

Maria: “Sinceramente non mi sono mai soffermata a pensare se e quale potesse essere il valore aggiunto dato da una partecipazione femminile in una squadra che è al 99% a composizione maschile, considerando che alla fine chi si trova in questa posizione cerca di integrarsi nel miglior modo possibile.
È da un po’ ormai che mi trovo in questa posizione e con il tempo credo di essere riuscita a gestirla meglio rispetto all’inizio, quando comunque mi sentivo un po’ fuori posto, non a livello con il resto della squadra; sempre alla ricerca del modo per tenere il passo, essendo naturalmente costretta ad impegnarmi di più, viste le differenze fisiche.
Detto questo, essere una ragazza in una squadra maschile implica che alla fine il fatto di essere una ragazza passa abbastanza in secondo piano nei rapporti di squadra a mio parere, come è del resto giusto che avvenga. Sarebbe “brutto” essere trattata diversamente solo perché ragazza. Se però dovessi dire un qualcosa che apportiamo in più: forse un po’ di calma e di spirito riflessivo.”

Noi Mammuth siamo fieri di avere queste due ragazze, anzi vere e proprie compagne di squadra all’interno del nostro gruppo. Il loro entusiasmo è coinvolgente, e spesso sono fonte di ispirazione per la loro dedizione e spirito di sacrificio. Ci si sofferma a pensare che sono donne, ma fanno tutto quello che facciamo noi, a volte anche meglio.