La Dio(r)ivoluzione di Maria Grazia Chiuri, che debuttò in passerella come prima direttrice artistica donna per Christian Dior. Per celebrare il suo traguardo, come donna e come donna in carriera, la Chiuri ha presentato la sua prima collezione rendendola un omaggio al movimento femminista.
La storia è andata così. Siamo a Parigi, alla settimana della moda, dove il brand di lusso Christian Dior sta per presentare la sua collezione Primavera/Estate 2017, e la mente dietro i nuovi capi è appena arrivata nella maison. Si tratta di Maria Grazia Chiuri, una stilista italiana di 53 anni, che aveva precedentemente collaborato con Fendi e Valentino, e che nel 2017 era stata nominata direttrice creativa del marchio Dior, passando alla storia come prima donna a ricoprire tale ruolo.
Le aspettative, per colei che aveva contribuito alla creazione della celebre Baguette Bag, erano alle stelle. Quelle stelle, la Chiuri, le ha conquistate tutte, portando il femminismo in passerella e aprendo la maison a una nuova era. Un capitolo che dura ormai da cinque anni.
We should all be feminists: Maria Grazia Chiuri e l’iconico slogan
La collezione del 2017 fu intitolata Dio(r)evolution, e ciò già dice tanto sulla carica con cui la Chiuri è entrata all’interno della direzione artistica del brand. Sicura, forte e conscia del potere che una donna avrebbe potuto emanare, se la passerella fosse stata usata come veicolo per mandare al mondo un messaggio più grande. Tra i tanti look, sfila in passerella una modella con una T-shirt bianca, che porta una frase destinata a diventare iconica: We should all be feminists.
Dovremmo essere tutt* femminist*, si traduce in italiano, anche se al tempo l’asterisco di genere non era ancora stato introdotto. Con questa frase la stilista ha voluto mettere al centro della sua prima collezione un intento politico e sociale, ponendo l’accento sull’importanza dell’uguaglianza per cui si batte il femminismo, che viene spesso confusa con l’idea che la donna debba prevaricare sull’uomo. We should all be feminists, perché le pari opportunità sono una battaglia di chiunque.
Un approccio nuovo e socialmente impegnato all’abbigliamento femminile, che si sofferma principalmente sulla moda da giorno. Abiti da indossare alla luce del sole, quindi, dai toni neutri e naturali, e dalle linee morbide. “Voglio introdurre nella maison un atteggiamento naturale, vestire le donne per sentirsi a proprio agio, per sentire la loro bellezza”, racconta Chiuri dopo il fashion show. Giacche bianche da scherma e poi gonne di tulle, chokers neri al collo delle modelle alternati a romantici vedo non vedo. C’è un po’ di tutto in questa collezione che vuole essere tutt’altro che esclusiva.
Donne che corrono coi lupi: a cosa si ispirò Maria Grazia Chiuri
C’è un libro in particolare che la designer ha messo come punto fermo all’interno delle sue ricerche per preparare la sua prima sfilata. L’opera si intitola Donne che corrono coi lupi, ed è stata pubblicata per la prima volta nel 1989, scritta da Clarissa Pinkola Estés. La storia è una profonda analisi dell’archetipo della donna selvaggia e della sua oppressione all’interno della società, tra patriarcato e misoginia.
Maria Grazia lesse questo libro e se ne innamorò, tanto da usarlo come Bibbia per trovare l’ispirazione per Dio(r)evolution: la donna selvaggia si veste di haute couture e scende in passerella, dominandola, come la designer ha dominato il suo posto all’interno della maison dal momento in cui ci è entrata.
Una sfilata profetica, dunque, che le ha dato il calcio d’inizio perfetto per presentarsi al mondo come colei che avrebbe portato una ventata femminista nel mondo della moda, ricordando a tutti che tale arte può anche trasformarsi in un potente mezzo di veicolazione di messaggi sociali.
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