Benvenuti nell’universo letterario di LetteralMente Donna. Oggi vogliamo fare insieme a voi un viaggio in Russia ai primi del 900′ durante l’Unione Sovietica. Oggi infatti vogliamo raccontarvi di una poetessa vittima dello stalinismo e morta a soli 49 anni. Una donna le cui opere sono state riscoperte solo negli anni 60′. Vogliamo parlarvi di Marina Cvetaeva e della bellezza delle sua poesia.
Marina Cvetaeva, una vita travagliata
Il talento di Marina Cvetaeva fu notato sin dalla prima opera che questa poetessa pubblicò a soli 18 anni. Tuttavia la sua vita si complico quando sposò l’ufficiale dell’armata bianca Sergej Efron. Questo comportò la scrittura di appassionate opere che inneggiavano alla lotta anticomunista dell’armata bianca non ben viste da Stalin. Ecco perchè passò la sua vita in povertà in esilio e a Mosca. Dopo aver perso il marito ed una figlia nei campi di lavoro ed un’altra figlia piccola per denutrizione, si sucidò nel piccolo villaggio di Elabuga il 31 agosto 1941.
Aveva fatto in tempo però a diventare il maggior esponente della scuola locale del simbolismo e una delle autrici più originali della poesia russa del ventesimo secolo. Prima di andarsene lasciò una lettera al figlio Mur. Questi la disprezzava per la sua reputazione e la sua sciatteria pretendo oltre quanto fosse possibile per la loro povertà. I suoi grandi amori furono il marito che giurerò di “seguire come un cagnolino” e Boris Pasternak, il suo sogno impossibile con cui tenne uno scambio epistolare.
La poesie in musica della Cvetaeva
“In breve non è un sacrilegio dire che ad eccezione di Annenskij, Blok e con qualche riserva Andrej Belyi, la Cvetaeva prima maniera era precisamente ciò che avrebbero voluto essere e non furono tutti gli altri simbolisti messi insieme”. È quanto scrive Boris Pasternak nella sua autobiografia parlando di Marina Cvetaeva. Il segreto dei versi di questa poetessa russa erano l’eccentricità unita ad un eccezionale uso della lingua e a metafore paradossali. La verità, come affermò la stessa Cvetaeva, è che nella sua poesia c’è una vera e propria partitura musicale.
“Il mio libro deve essere eseguito come una sonata. I segni sono le note. Sta al lettore realizzare o deformare”, spiega infatti la stessa poetessa russa. Una donna autrice di centinaia di poesie, poemi, drammi e opere narrative riscoperta solo vent’anni dopo la sua morte. Opere che non perdono quella fascinazione sul lettore che la Cvetaeva chiamava con-creazione perchè al tempo stesso lo svuota e ne genera la creatività.
Stefano Delle Cave