Stando al professor Massimo Frezzotti, ordinario di Geografia Fisica e Geomorfologia a Roma Tre, il crollo del seracco del ghiacciaio della Marmolada, sulle Dolomiti, era una tragedia annunciata. Sempre secondo il prof. Frezzotti, il ghiacciaio tra trentinese e bellunese “potrebbe scomparire tra il 2030 e il 2050”. Sei le vittime accertate e almeno venti i dispersi sotto il seracco, formazione torreggiante a forma di pinnacolo tipica dei ghiacciai. Preoccupa lo stato della formazione, che potrebbe, nel giro di venti o trenta anni, come molti altri ghiacciai italiani, sciogliersi completamente: dal 1860, il 60% del volume dei ghiacciai alpini si sta sciogliendo, a ritmi sempre più serrati. Perché la recessione è preoccupante e non riguarda soltanto gli alpinisti?
Lo scioglimento del ghiacciaio della Marmolada è una certezza che porta con sé altre implicazioni, oltre al pericolo per gli alpinisti
Secondo il Sistema Nazionale Protezione dell’Ambiente (SNPA), nei soli dieci anni passati, il ghiacciaio della Marmolada ha perso oltre il 30% del suo volume. La recessione, sempre sotto osservazione dagli esperti, ha assunto un ritmo allarmante e ben oltre le previsioni. Il mutamento, solitamente riscontrabile attraverso l’utilizzo di strumenti di rilevazione come radar non invasivi e attraverso rilievi in elicottero, adesso è evidente anche ad occhio nudo. Il ghiacciaio della Marmolada, una tempo, era un unica, massiccia formazione. Al giorno d’oggi risulta invece un insieme frammentato di “sacche” di ghiaccio. Il problema della sua “dispersione” è poi reso più grave dalla natura della montagna dolomitica, costituita da fossi e burroni. Qui, il calore si mantiene meglio, favorendo uno scioglimento accelerato e un pericolo di valanghe elevatissimo.
L’incidente della Marmolada non è una fatalità, ma, come spesso accade, il risultato più profondo di una causalità sistemica, o di un insieme di cause. Sebbene non si possa prevedere con certezza il momento del distacco del seracco o del formarsi di una valanga (che secondo la media portano via 24 vite all’anno), la pericolosità dovuta allo scioglimento dei ghiacciai e la conseguente instabilità dei ghiacciai è ormai fatto indubitabile. Bisogna puntare il dito, ancora una volta, alla crisi climatica che sta investendo l’umanità con temperature oltre ogni record. Nell’ecosistema alpino e dolomitico va sottolineata non solo l’alta percentuale di rischio a cui gli alpinisti si sottopongono nel solcare un ambiente così fragile, ma anche la questione idrica: i ghiacciai e le riserve nivali costituiscono una fonte di approvvigionamento idrico insostituibile.
Siccità e valanghe: come la crisi idrica del nord italia è collegata con la tragedia della Marmolada
Può sembrare un azzardo, ma effettivamente è così: crisi idrica e valanghe causate dall’assottigliarsi dei ghiacciai sono entrambi effetti della crisi climatica che stiamo attraversando, e che non ci abbandonerà per miracolo, ma solo attraverso un’azione mirata e sistemica. Meno ghiacciai comportano meno acqua potabile e meno disponibilità idrica generale. Minore disponibilità idrica porta a siccità, difficoltà di irrigare, scarsità o impossibilità di raccolto. La pluralità di cause è evidente e non fantasiosa. La tragedia della Marmolada non deve farci gridare alla fatalità: ma deve indurci a riflettere sull’effetto delle nostre scelte climatiche, presenti, passate e future.
Alberto Alessi
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