Terra. Aria. Acqua. Fuoco. Gli elementi più importanti presenti in natura. Combinati tra loro generano la vita. Presi singolarmente possono causare distruzione.
Fuoco.
Fin dalle origini, sin dalla sua scoperta ha protetto, aiutato, sfamato, in una parola: futuro.
Ma come tutte le cose al mondo è facile trasformare ciò che un secondo prima ti ha dato la “vita” in ciò che può distruggerti, non solo in termini metaforici.
“Il fuoco splende e il fuoco pulisce”.
Quando Ray Bradbury ha iniziato a scriver Fahrenheit 451 stava vivendo quello che per lui era il suo presente, il 1953. La radio stava già attraversando il suo declino mentre il televisore era nel suo momento propizio. Decise di trascorrere del tempo nella biblioteca dell’università della California-Los Angeles dove si affittavano macchine da scrivere ad ore. Lì trovo l’ispirazione e quando il libro fu completo telefonò i pompieri della stazione di Los Angeles e gli chiese a quanti gradi bruciasse la carta. 451 gradi della scala Fahrenheit.
Se avesse in mente un romanzo di fantascienza non si sa anche se ci sono tutti i presupposti per ritenerlo tale.
Lo ambienta in un imprecisato futuro posteriore al 1960 in cui i televisori sono sostituiti da “soggiorni” virtuali che hanno rimpiazzato ogni tipo di arredamento; macchine volanti; radioconchiglie come auricolari. Fantascientifico quasi anche per noi.
Ma l’aggettivo che preferisco è un altro: distopico. Descrizione di scenari futuri altamente negativa, di una società collocata nel futuro in cui tendenze sociali, politiche ed economiche sono percepite come negative, persino pericolose.
La società immaginata da Ray Bradbury è una società evoluta, all’avanguardia, tecnologica, magari anche eco friendly. Una società alla costante ricerca della pace mentale. Una società in cui tutto è ridotto ad una battuta della lunghezza di uno slogan pubblicitario: nessuno ha più tempo di fermarsi e riflettere. Chi ha bisogno di pensare quando vivi in una società in cui l’unico crimine perseguito è la conoscenza, in cui la parola intellettuale è diventata una parolaccia. I libri sono i soli nemici tanto da richiedere la creazione di una sezione speciale dei pompieri il cui unico compito non è quello di spegnere le fiamme, ma di accenderle e di bruciare tutto.
“Tecnologia, sfruttamento economico delle masse e pressione delle minoranze, ecco le vere cause vivaddio. Oggi, grazie a questo, puoi essere felice a tutte le ore”
Possedere un libro è come possedere un’arma non dichiarata; come spacciare droga, rubare, come commettere il peggiore dei delitti.
I pochi che ancora conservano e ne custodiscono gelosamente gli esemplari assistono ai blitz notturni di uomini vestiti di nero con la fuliggine stratificata ormai nella pelle che danno vita ad uno spettacolo pirotecnico che termina sempre allo stesso modo: tutto in fiamme.
Nulla è risparmiato.
Nessuno sembra far caso a questo; nessuno vede quanto irrazionale e insensato sia tutto. È la loro normalità.
“Si ha sempre paura di quello che non è familiare. Ricorderai il ragazzo che veniva a scuola con te e che era eccezionalmente “dotato” , quello che rispondeva sempre alle domande e sapeva tutto, mentre gli altri stavamo al loro posto e lo odiavano. Non era lui che molestavate e picchiavate sempre, dopo la scuola? Sì, ed è logico. Dobbiamo essere tutti uguali: non tutti nati liberi e uguali, come dice la Costituzione, ma tutti resi uguali. Ogni uomo deve essere l’immagine degli altri, perché allora tutti sono felice, non ci sono montagne che li fanno tremare, cime con cui devono confrontarsi. Ecco perché un libro è come un’arma carica nella casa del vicino. Brucialo, togli le munizioni dall’arma. Entra nella mente dell’individuo. Chi può dire quale sarà il bersaglio di un uomo colto?”.
Il fatto curioso è che sia proprio un pompiere, lui difensore della comprensibile e legittima paura di sembrare inferiori, a svegliarsi dal coma semi-cosciente in cui chiunque è caduto e a rendersi conto che non erano i libri a dover bruciare.
“Non lo so. Abbiamo tutto quello che può farci felici ma non siamo felici. Ci manca qualcosa. MI sono guardato intorno e la sola cosa che manca per certo sono i libri che ho bruciato in questi dieci anni. Così ho pensato che avrei potuto cominciare con loro”.
E inizia proprio da lì’: bruciando, non i libri però. Quando si trova ad essere dall’altro lato della barricata, sotto accusa per aver custodito un libro cascatogli tra le mani durante un rogo, quando poteva pentirsi per essere perdonato e liquidato semplicemente come un “pazzo”, quando si è reso conto di non aver più nulla da perdere ha agito come se ci fosse ancora qualcosa da salvare: il futuro.
“Non sono i libri quello che cerca. Lo prenda dovunque riesce a trovarlo, nei vecchi dischi, nei vecchi film, negli amici di un tempo; lo cerchi nella natura e in se stesso. I libri erano solo uno dei ricettacoli in cui mettevamo le cose che avevamo paura di dimenticare. Non c’è niente di magico nelle pagine in sé, la magia è in quello che dicevano, nel come cucivano le toppe dell’universo per ricavarne un vestito adatto a noi”
Il libro, nella sua nuova veste in occasione della presentazione di Sky del nuovo film HBO (https://tg24.sky.it/spettacolo/cinema/2018/06/20/fahrenheit-451.html), è uscito per la collana Oscar moderni di Mondadori.
Quando il romanzo venne pubblicato, nel 1953, i lettori lo amarono e ne parlarono: era una storia contro la censura, dicevano, contro il lavaggio del cervello e a favore dell’umanità. Parlava dei libri e del governo che controlla le coscienze.
Suona familiare?