
Wildside è tra le case di produzione cinematografica più attive negli ultimi anni che con il documentario Mi chiamo Francesco Totti aggiunge un altro tassello prezioso al suo catalogo. Nel docufilm è lo stesso Francesco Totti, ex campione della Roma, a raccontare le vicende legate alla sua carriera e alla sua vita privata.
Non si tratta quindi del classico documentario pieno di retorica e luoghi comuni, ma di un racconto che dona nuove sfumature a dei pezzi di storia ben noti. Momenti di gioco si alternano a momenti di vita, inquadrati all’interno di una cornice emotiva che colpisce nell’animo anche chi non ama il calcio o chi non se ne intende.
Se a questo punto non si è ancora convinti, qui di seguito sono elencati una serie di motivi che possono indurre a cambiare idea e a vedere il documentario su Francesco Totti.
1. È una storia romantica
Il docufilm parte dall’infanzia di Totti, descrive l’ascesa del calciatore nel mondo dei professionisti e mostra quella che in fondo è una storia d’amore. Una storia romantica tra il capitano giallorosso e la Roma, ricca di momenti felici ma anche di periodi drammatici e di legami spezzati.
2. Totti si racconta
Come accennato prima, nel documentario Francesco Totti spiega e commenta gli episodi che hanno caratterizzato la sua vita calcistica e privata. Ma c’è solo la sua voce: l’ex capitano romanista non viene mai inquadrato. Una scelta encomiabile da parte del regista Alex Infascelli che ha trovato un modo originale per dare vita a una narrazione priva di retorica e allo stesso tempo appassionante.
3. Vince la passione del giocare a calcio
Non ha tutti i torti chi si lamenta di come si sia evoluto il calcio negli ultimi anni. Tra calciatori egocentrici onnipresenti sui social network, scontri anche virtuali tra tifosi e dinamiche di mercato che spesso mettono il gioco in secondo piano, è comprensibile.
Ma in Mi chiamo Francesco Totti questi elementi sono praticamente assenti; anzi, quello che emerge sopra ogni cosa è la passione di giocare a calcio. Se ne rende conto lo stesso Totti quando afferma che dai 12 ai 40 anni ha sempre giocato alla stessa maniera, ovvero come un ragazzino. E un ragazzino quando gioca a calcio pensa a divertirsi.
Mi chiamo Francesco Totti è un documentario apprezzabile da tutti, anche da chi non segue il calcio. Il mito di Totti non diventa autoreferenziale e la semplicità dei suoi sentimenti restituisce al pubblico una nuova immagine della star del calcio, quella di un sempliciotto che si accontenta di poco e che desidera una vita tranquilla.
Il documentario di Wildside è un’ulteriore prova di come le case di produzione cinematografica italiane possano portare sui grandi schermi dei prodotti originali e avvincenti.