Michele Bravi all’Auditorium Conciliazione è la poesia di cui abbiamo bisogno

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Di Arianna

L’Auditorium Conciliazione a Roma incornicia lo spettacolo di Michele Bravi, che a chiamarlo concerto risulta parecchio riduttivo. Il viaggio si apre con la voce introduttiva che chiede a tutt* di spegnere i cellulari e godersi lo spettacolo. Un invito che sembra quasi sconvolgente oggi, così social, così online, ma che in realtà, una volta pronunciato ad alta voce, ci rendiamo conto che dovrebbe essere la normalità.

Michele Bravi e il suo spettacolo all’Auditorium Conciliazione a Roma: il corpo (e le emozioni) sono il nostro manifesto

Il viaggio di Michele nella sua musica, nella letteratura che maneggia così bene, comincia partendo dal pubblico: con Maneggiami con Cura entra in scena, tenendo un pallone bianco tra le mani, a simboleggiare quella purezza che entra in punta di piedi in quel teatro. A guardarlo Michele sembra quasi raro: il suo parlare gentile è quiete, ma le sue parole sono di una profondità che tocca le note che tutti noi nascondiamo giù in fondo, nella stanza più buia. “Il corpo è manifesto”, dice, così come le emozioni, si potrebbe aggiungere.

Ph Tommaso Notarangelo

Quando Michele Bravi racconta che, dopo la sua esibizione a Sanremo, sua mamma gli scrive un messaggio e gli dice “Bravissimo, fantastico, ma perché sei sempre così pesante?”, tutti in teatro scoppiano a ridere. In realtà oggi più che mai abbiamo l’estrema necessità della “pesantezza” di Michele. Quel “pesante” è la forza di riuscire ad entrare nelle viscere delle cose. Michele non ha mezze misure, ti parla della realtà così com’è: c’è il bene e c’è il male. Ti prende per mano e ti porta nelle gioie e nei dolori, tra la sofferenza buia e il ridere dei ricordi passati. Questo è il suo spettacolo. Ma come si fa ad avere la capacità di parlare del dolore un momento prima e poi ridere dopo un secondo della leggerezza? Solo chi ci è passato dentro alle emozioni ne ha il potere e la facoltà. Questo è quello che si prova quando si assiste a uno spettacolo del genere. Parlare di concerto è riduttivo (davvero!), il Live nei Teatri è una boccata d’aria fresca (e pesantissima al tempo stesso), ed è necessario. Michele ha la versatilità, la dolcezza, la ricercatezza, la poesia di cui abbiamo bisogno. Tra una canzone e l’altra, tra citazioni letterarie ricercatissime, al cantautorato italiano, e lettura dell’oroscopo al pubblico, Michele intrattiene per più di due ore che sembrano così poche da volerne molte di più.

Poesie e prosa sono custodite da giochi di luci, che accompagnano la narrazione di un vero e proprio showman, che ride di sé, gioca con gli altri, che è gioia per gli occhi. Michele attinge dall’arte e dalla letteratura e la maneggia con cura e destrezza, la conosce alla perfezione, e la studia, e niente è lasciato al caso. Tutto è fluido, come lui. Michele è narrazione continua di parole, musica, luci e movimenti. E chi lo guarda ne è estasiato, e si fa trasportare dalle parole. Ed è magia, perché ci porta a farci (ri)innamorare delle parole, di riscoprirne la dolcezza. Ascoltarlo ci permette di riscoprire l’amore primordiale di chiamare le cose col proprio nome. Ad alta voce. Di scoprire cose già dette che in realtà ci appartengono. Carroll, Calvino, Bindi, Shakespeare, Dalla, Ciman, sono tutti dentro di noi. Eppure ci sembrano così distanti, tutti vengono da mondi estremamente lontani, epoche diverse. Eppure parlano la stessa lingua, basta solo avere orecchie per saper ascoltare. Tutto qua. E Michele, che è un ascoltatore perfetto, ieri sera ci ha insegnato che ascoltare è la più grande forma di amore che possiamo imparare.

Le immagini sono a cura di Ph © Tommaso Notarangelo