Milena Radulović, attrice del cinema serbo, è stata la prima a denunciare Miroslav Aleksić, noto pedagogista, per le violenze subite. A seguito della sua denuncia sono emerse altre testimonianze, che hanno portato a galla le continue molestie e violenze poste in essere da Aleksić durante questi anni. È inoltre nata una campagna, chiamata Nisam tražila, che supporta chiunque abbia subito tali atrocità.  

Milena Radulović- Photo credits: web

Milena Radulović, volto noto del cinema serbo, è stata la prima attrice a denunciare Miroslav Aleksić, rinomato pedagogista, dalla cui scuola denominata “Stvar srca”, sono passati molti famosi attori serbi. Alla voce dell’attrice se ne sono aggiunte molte altre che, spinte dal coraggio di Milena Radulović, sono pronte a denunciare le molestie sessuali e psicologiche subite da bambine. È accusato di aver commesso, nel periodo compreso tra il 2008 e il 2020, otto stupri e sette atti sessuali illeciti nei confronti di sei donne, una delle quali è ancora adesso minorenne. Sebbene Aleksić abbia negato tutto, l’opinione pubblica questa volta è dalla parte delle donne.

La storia di Milena Radulović

Milena Radulović aveva 11 anni quando, durante un provino, fu scelta da Aleksić per frequentare la sua scuola. Ne aveva 17 quando è stata violentata per la prima volta, e lui 61. Dopo la prima violenza, ne sono seguite delle altre, sempre all’interno della scuola “mentre altri ragazzi partecipavano alle lezioni nella stanza accanto”, racconta Milena. Non solo le violentava, ma riusciva a provocare in loro una sensazione di essere responsabili, complici, colpevoli, fino ad annullare qualsiasi fiducia in loro stesse. Milena ha deciso di denunciare dopo essere stata contattata a novembre 2020 da una nuova vittima, una ragazza minorenne che non conosceva. Dopo aver sentito le testimonianze di altre ragazze vittime di Aleksić, hanno deciso di sporgere denuncia.

“Essendo consapevoli di tutto ciò, nascondere le violenze e tacere equivarrebbe a commettere un reato. Se ora decidessimo di tacere, pur sapendo che ci sono altre cinque potenziali vittime minorenni, diventeremmo complici”. Ha affermato Milena.

La scuola dell’orrore

La scuola di recitazione di Aleksić era un severo istituto, in cui si univano indottrinamento alla religione ortodossa, severe punizioni, ed obblighi. Quando i genitori iscrivevano la propria figlia o il proprio figlio nella scuola, incontravano Aleksić, il quale spiegava loro il funzionamento dei corsi e li informava che quello sarebbe stato l’ultimo incontro con la bambina o il bambino. Inoltre vigeva l’obbligo di indossare la gonna per le ragazze. Le lezioni iniziavano con la preghiera del Padre Nostro. Aleksić insisteva sui valori tradizionali della religione ortodossa, su una disciplina rigorosa e sulle punizioni. Spesso portava i ragazzi in gita e insegnava loro come cucinare una zuppa. I ragazzi si sentivano parte di una famiglia, Aleksić per loro era come un “padre”.

Le proteste contro le violenze- Photo credits: web

La campagna “Nisam tražila”

Dopo le struggenti confessioni delle attrici violentate e molestate, è nata un’iniziativa su Facebook, chiamata Nisam tražila (Non l’ho chiesto io). Le autrici sono Asja Krsmanović, Ana Tikvić, Nadine Mičić e Matea Mavrak, quattro attrici bosniache e studentesse dell’Accademia delle arti dello spettacolo di Sarajevo. Inizialmente la pagina doveva raccogliere, in maniera anonima, le testimonianze di esperienze di molestie sessuali di donne, e uomini, subite a lavoro. In pochi giorni è arrivato un numero senza precedenti di storie di abusi e molestie commessi non solo nei luoghi di lavoro, ma anche all’università. La campagna Nisam tražila, la cui traiettoria è simile al movimento #MeToo, ha consentito la condivisione collettiva di esperienze di violenza sessuale. Hanno aderito non solo volti noti e mediatici, ma anche studenti e lavoratori. Si sono uniti in un’unica voce per testimoniare che loro sono più forti del silenzio, e dimostrare che il cambiamento può avvenire.   

Il supporto dell’opinione pubblica per Milena Radulović- Photo credits: internazionale.it

Il supporto dell’opinione pubblica

Sebbene inizialmente l’opinione pubblica abbia guardato con sospetto queste confessioni, in quanto ritenute “tardive”, in un secondo momento sembra aver cambiato idea. È stato sottolineato che spesso non si riflette sul fatto che una vittima, per procedere con la denuncia, necessiti sicurezza. Deve sentirsi pronta, ed essere messa nelle condizioni di potersi sentire così. A rendere difficile il compimento di questo processo complesso per le vittime, vi sono inoltre leggi e protocolli obsoleti e inappropriati, a causa dei quali denunciare diventa una vera e propria odissea. Tuttavia la Serbia, e non solo, sembrano essere dalla parte delle donne.

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