Non erano passati molti anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale quando Milva e Strehler proposero al pubblico un teatro nuovo, con un immaginario ben diverso da quello tradizionale: la drammaturgia brechtiana. Il lavoro sempre ottimale di Strehler e la crescita artistica di Milva si sviluppano sullo sfondo del Piccolo Teatro di Milano.
Ispirato al Marxismo, Brecht ne elabora una drammaturgia aderente indirizzando il suo teatro al proletariato. Il suo Teatro epico, contrapposto al teatro classico, non mira a suscitare emozioni nel pubblico: piuttosto a produrre un effetto di straniamento. Nonostante il distacco netto dal punto di vista drammaturgico, prende dalla tradizione alcuni elementi, tra cui canzoni e canzonette. Dotata di grande talento vocale, la presenza di Milva si adatterà perfettamente alle regie di Strehler.
Milva e Strehler, l’incontro e i primi approcci ai ruoli Brechtiani
Maria Ilva Biolcati (nome di battesimo di Milva), appartenente al quartetto delle grandi voci femminili italiane insieme a Mina, Orietta Berti e Iva Zanicchi, ha presto dimostrato una versatilità singolare. L’incontro, prima con Strehler e dunque con Brecht, fece di lei l’interprete italiana del teatro di finzione per eccellenza. L’approccio di Milva ai ruoli brechtiani può essere paragonabile al lavoro di un cantante d’opera.
Le abilità canore devono assolutamente essere accompagnate ad un’attenta ed appropriata recitazione, degna di un teatro quale il Piccolo di Milano. I lavori brechtiani firmati da Strehler, ottimo Regista (non a caso la R maiuscola), ebbero sempre impronta purista; di conseguenza un risultato registico che prevedeva una separazione di tutte le componenti scenico/drammaturgiche.
Milva e Strehler, critiche e trasformazioni
Erano tempi in cui la società era ancora sotto l’ombra traumatizzante della Seconda Guerra Mondiale, epoca in cui si guardava con disgusto la poesia convenzionale, giudicata ipocrita. Il teatro di Brecht ebbe sul pubblico un impatto di compiacimento. Non si può dire lo stesso della critica accesa nei confronti di Milva. Infatti, sul palco è Strehler che dimostra le sue capacità da esperto regista e attore, mentre ella fa trasparire il suo deciso narcisismo: il suo essere un’attrice non all’altezza di essere definita tale e, soprattutto, non propriamente degna del profondo teatro di Brecht.
Per questa ragione, anche parte della critica più recente vede in Streher colui che trasforma Milva in una diva snob e il teatro di Brecht in una macchietta. Questo schieramento suggerisce di ascoltare l’arte di Milva senza prendere visione delle sue altezzose espressioni del viso. In realtà, per Milva, Strehler fu un ottimo maestro che negli anni la portò verso una recitazione sicura e raffinata, degna di teatri di nicchia e di un autore tra i padri del teatro del ‘900, dando dimostrazione di maturità,acquisita con l’esperienza e che culmina con lo spettacolo in cui Strehler sintetizza la poetica teatrale brechtiana: Io, Bertold Brecht (1966-67).
a cura di Silvio Silvestro Barca