Cosa succede quando metti alla produzione esecutiva Timur Bekmambetov e al soggetto Aneesh Chaganty? Succede che nascerà, per forza di cose, un nuovo Screenlife film o computer screen film che dir si voglia. Seguito spirituale di Searching del 2018, Missing è il debutto alla regia e alla scrittura di Nick Johnson e Will Merrick. I due confezionano un ottimo prodotto che non invidia nulla al suo predecessore ma anzi, ne migliora tanti aspetti.
Missing, la recensione: uno screenlife film che non delude

Il genere degli screenlife film è piuttosto recente nel panorama cinematografico. Nasce con l’avvento dell’era digitale e in particolare con le piattaforme. Intorno agli anni Dieci del ventunesimo secolo, per intenderci. Le sue radici sono però più profonde: a partire dai mockumentary degli anni ’80 fino ai found footage film come The Blair Witch Project. È insomma un genere neonato ma con diverse idee alle spalle che solo in questi anni riesce a trovare il suo terreno fertile. Missing rientra perfettamente nel genere, staccandosi dalla Visual storytelling dello schermo del pc solamente per passare a quelle dello smartphone o, addirittura, dello smartwatch. Il film racconta di una ragazza (l’astro nascente Storm Reid, vista sia in Euphoria che nel settimo episodio di The Last of Us) che ricerca la madre scomparsa dopo un viaggio in Colombia con il compagno. Il tutto attraverso internet e la consapevolezza che l’intimità e la privacy sono concetti ormai obsoleti nell’era dei social.
Per questo particolare genere, il punto di forza deve essere nella scrittura, visto la limitazione nella possibilità di messa in scena. E Missing ha una scrittura non solo eccellente, ma una che gli avrebbe permesso di essere un ottimo thriller a sé stante. È un film che sa narrare, che sa tenere incollati e che soprattutto riesce a dosare perfettamente il mistero e il colpo di scena. Non risulta mai, nelle quasi due ore di screentime, pesante o poco digeribile. Lo screenlife genre è solo un’aggiunta in più. Anzi, forse l’elemento che gli permette di raccontare così bene e senza bisogno di grandi spiegoni di sceneggiatura ciò che accade e che vediamo. Riesce a non scadere nella facile banalità ma permette allo spettatore di fare ciò che deve davanti ad un sano Thriller: perdersi nel mistero e diventare egli stesso investigatore.
Saper far immergere lo spettatore
Altro grande plauso va fatto al montaggio: la capacità di rendere interessante lo schermo di un pc non è cosa semplice e Missing ci riesce perfettamente. La tensione è via via portata sempre più in alto fino a farci rimanere intrappolati nelle ricerche condotte da June. In un ossimoro, le carte vengono svelate piano piano grazie ad una composizione in realtà serratissima. Altro piccolo plauso a margine riguarda la restituzione reale di ciò che fa la protagonista: finalmente un film di questo genere che sembra ambientato nell’anno in cui è uscito, con elementi a schermo reali e non creati ad hoc per la mancanza di diritti. Effettivamente, quello che fa June potremmo farlo tutti noi, non è niente di speciale. E questo aumenta drasticamente l’immersività.
Chaganty ha svolto quindi un lavoro eccellente dal punto di vista del soggetto, restituendo un film che si muove perfettamente nei tre atti, con colpi di scena veramente azzeccati e continui. Senza mai tirare troppo la corda ma senza lasciarla andare. unite a dei momenti anche emozionanti, le note di umorismo sono una piacevole aggiunta che completa un ottimo quadro o, per meglio dire, un ottimo screensaver.
Alessandro Libianchi
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