Cultura

MMI Today |Proteste in piazza TianAnMen

La Protesta di Piazza TianAnMen, nota anche come la Primavera democratica cinese, iniziò il 15 aprile 1989 con le manifestazioni degli studenti, degli intellettuali e degli operai in piazza. In Cina, l’intero avvenimento viene ridotto ad un drammatico giorno: l’incidente del 4 giugno. Furono giornate di lotta, a volte folle, che fecero conoscere all’estero la repressione del governo cinese in tema di diritti umani e libertà espressiva. In Occidente, vengono considerate proteste di cruciale importanza, che infervorarono anche i ribelli europei e contribuirono alla dissoluzione dell’Unione sovietica. In Cina, sono considerate un vero e proprio tabù, tanto che il Partito Comunista Cinese ha occultato molti video e documenti riguardanti la protesta tramite l’utilizzo di censura e disinformazione.

La Primavera democratica -Immagine dal web
La Primavera democratica -Immagine al web

Il 15 aprile sono successe moltissime cose che negli anni vengono ancora ricordate, anche se a volte sfugge il giorno esatto, l’anno si confonde… gli eventi si mescolano. Alcuni fatti rimangono più impressi di altri, come gli elementi più inquietanti di un quadro e il marchio di una cicatrice sulla pelle. Impressioni di impressionisti che mostrano per la prima volta ufficialmente i loro lavori ad un ampio pubblico, muovono tanta acqua nell’oceano delle epoche, come il transatlantico RMS Titanic affondando durante il suo viaggio inaugurale. Squadristi fascisti che danno alle fiamme la redazione del giornale socialista “Avanti!” strozzano il collo all’informazione di opposizione e alla libera espressione, come l’inizio della protesta di piazza TianAnMen invade violentemente e necessariamente la storia moderna.

L’ALBA DELL’IMPRESSIONISMO

E’ il 15 aprile 1874 e siamo al numero civico 35 di Boulevard des Capucines a Parigi, nello studio del famoso fotografo Nadar. Da un angolo della sala escono fuori un gruppo di uomini dagli occhi fiammeggianti: dicono di essere la “Societé Anonyme”. Il pubblico viene rapito dalle opere esposte: quattro disegni a pastello e cinque dipinti di Claude Monet, tra cui l’emblematico “Impressione: levar del sole”, il dipinto che diede il nome all’intero movimento. In totale espongono 163 pezzi. Gli autori sono gli artisti che fecero la storia del movimento: Paul Cezanne, Edgar Degas, Giuseppe De Nittis, Jean-Baptiste-Armand Guillaumin, Berthe Morisot, Camille Pissarro, Pierre-Auguste Renoir e Alfred Sisley.

L’emozione è equiparabile alle critiche che ricevettero, in quanto movimento sovversivo, rivoluzionario e indomabile nell’ambito artistico.

Le opere vengono prese come provocazioni nei confronti dei canoni classici preservati dall’Ecole, invece che con serietà, tanto che il nome della corrente artistica di cui stiamo parlando non deriva direttamente dal titolo del quadro di Monet, ma dal titolo della recensione del critico Louis Leroy “La mostra degli impressionisti”, che disconosceva il valore artistico della esposizione. Nonostante il primo impatto con la critica, questa fu solo la loro prima esposizione, le altre seguono fino ai giorni nostri.

Claude Monet -" Impressione: levar del sole"
Claude Monet -” Impressione: levar del sole”

IL TRAMONTO DEL TITANIC

Siamo sul transatlantico britannico Titanic, nella notte tra il 14 e il 15 aprile 1912. L’aria è gelida.

Era partito da Southampton, diretto a New York, il 10 aprile. Il Titanic attraversò il Canale della Manica e imbarcò gli ultimi passeggeri in Irlanda: aveva a bordo 2400 passeggeri. La nave era considerata inaffondabile, un investimento di un milione e mezzo di sterline, capitanata da Edward John Smith. Fu progettata dall’ingegnere Thomas Andress: era lungo 268,83 metri e alto 53, pesava 46 328 tonnellate e navigava ad una velocità massima di 24 nodi (circa 44 chilometri orari).

Il naufragio del Titanic - immagine presa del web
Il naufragio del Titanic – immagine presa del web

Quando l’equipaggio di accorge dell’iceberg è già troppo tardi, la velocità e il peso della nave non avrebbero permesso la manovra necessaria. L’impatto avviene alle 23:40 del 14 aprile e nel giro di 2 ore e 40 minuti il transatlantico affonda spezzandosi in due.

Morirono oltre 1500 persone. Una notte così buia, fredda… nella quale rimasero uccisi trentasette italiani, di cui 30 erano camerieri e addetti alle altre mansioni della nave. Molti dei passeggeri vennero dimenticati, scomparsi nelle acque dell’oceano, altri si salvarono, grazie alle poche scialuppe a disposizione.

IL CLIMA DEL BIENNIO ROSSO

Qualche anno più tardi, a Milano, in un clima totalmente diverso e convulso, che rappresentava il biennio rosso in Italia, tra gli scontri da parte dei manifestanti socialisti e anarchici e i contro manifestanti del Partito Nazionalista, arditi, futuristi, venne assaltata la sede del quotidiano socialista Avanti!: era il 15 aprile 1919. I fautori dell’incendio furono principalmente esponenti dei neo-costituiti Fasci italiani di combattimento che fecero così la loro prima azione di tipo squadrista, ottenendo visibilità a livello nazionale.

Articolo del 23 aprile 1919 sulla ricostruzione della sede di Milano del giornale socialista "Avanti!"
Articolo del 23 aprile 1919 sulla ricostruzione della sede di Milano del giornale socialista “Avanti!”

Due giorni dopo l’assalto all’Avanti!, il 17 aprile 1919, l’edizione torinese del giornale titolava: “Il proletariato italiano insorge a difesa del suo vessillo che sventola sempre in alto“.

L’articolo di fondo, sotto il titolo “Viva l’Avanti!”, riferendo della devastazione squadrista della sede di Milano, affermava:

“Sappiamo che la lotta è senza quartiere, abbiamo coscienza che in
questa lotta noi rappresentiamo, col nostro glorioso Avanti!, la bandiera
più fulgida di una delle parti; non possiamo levare alcuna voce di
meraviglia se questa bandiera è stata segnata come il bersaglio dei nemici,
se è stata colpita, se è stata atterrata per un momentoMa l’Avanti! non
può essere spento, perché rappresenta il socialismo stesso. Non si stronca una idea, come si spezza con il martello la macchina che la distribuisce
alle centinaia di mille lavoratori nelle officine e nei campi. E poiché è viva
l’idea, si ricompone anche la macchina. Avanti!Avanti!, dunque. […]
All’Avanti! si lavora attivamente perché dalle sue ceneri e dai suoi carboni
la nostra bandiera torni a sventolare più in alto. C’è la febbre della ripresa
pronta e decisa. C’è la volontà ardente di rispondere a tante manifestazioni di affetto con la tangibile dimostrazione che il barabbismo non può riuscire a spegnere la voce degli interessi del proletariato.”
(Avanti!, edizione torinese del 17 aprile 1919)

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