Moby, “We Are All Made Of Stars” e la fragilità di un mondo ferito

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Di Redazione Metropolitan

La New York del 2002 era una città che stava ancora raccogliendo i cocci di una tragedia avvenuta pochi mesi prima e capace di cambiare il mondo contemporaneo per sempre. Le persone avevano bisogno di un rifugio e l’arte era una culla perfetta nella quale trovare conforto. Moby è stato tra i primi artisti a muoversi in questa direzione, al punto da dedicare il suo sesto album in studio a questo scopo. We Are All Made Of Stars ne è il primo singolo estratto, un grande successo lanciato il 29 Aprile del 2002.

Moby – La storia di We Are All Made Of Stars

L’11 Settembre 2001 ha doppiamente colpito Moby che ha vissuto quello squarcio al cuore della New York in cui è nato, proprio nel giorno del suo compleanno. Lo sconvolgimento è tale da far sì che già il giorno dopo l’artista abbia composto “Sunday (The Day Before My Birthday)“, il fulcro di un intero, nuovo LP. Siamo infatti a Maggio del 2002 quando esce “18” (per la V2 Records): questo il numero di brani che lo compongono.

Moby , la cover di 18 - immagine web
Moby , la cover di 18 – immagine web

We Are All Made Of Stars è il brano con cui si apre la tracklist di questo album ed il primo estratto che dal 29 Aprile del 2002 inizia a scalare le classifiche fino a diventare il brano più famoso del disco. Una canzone contro la guerra, dal testo che vuole infondere sentimenti di speranza in un futuro ancora troppo succube della paura del recente passato. Ricordando che “siamo tutti fatti di stelle”, solo se le persone rimangono unite le une con le altre potranno riuscire ad andare avanti, a superare una ferita così grande e a rivedere un futuro a colori.

“People they come together / People they fall apart / No one can stop us now / ‘Cause we are all made of stars”.

Il cantante e polistrumentista statunitense Moby. Credit:Glocal
Il cantante e polistrumentista statunitense Moby. Credit:Glocal

Musicalmente non si tratta di una delle sperimentazioni elettroniche che hanno fatto grande il nome dell’artista newyorkese: la chitarra del ritornello sembra addirittura evocare il David Bowie di “Heroes“. Un sound che sarebbe andato a braccetto con gli inizi da chitarrista di Moby, ben prima del successo arrivato con questo pseudonimo. In quanto al testo della canzone, è la fisica quantistica con il principio secondo cui “a livello quantico fondamentale, tutta la materia nell’universo è essenzialmente costituita da polvere di stelle” ad avergli dato l’ispirazione.

Il videoclip

In una cornice ambientale glamour vediamo Moby muoversi in tuta da astronauta nella vita notturna di Los Angeles, accostandosi a persone intente alla ricerca di piaceri notturni. Il richiamo visivo qui è a “2001: Odissea Nello Spazio” e forse ancora una volta a Bowie ed alla sua “Space Oddity“. L’artista canta la sua distanza emotiva dal contesto in cui si trova, è un alienato che sul finale abbraccia la sua diversità ripetendo “We Are All Made Of Stars“. Da notare i cameo di alcuni personaggi famosi, per citarne solo alcuni Dave Navarro, Dominique Swain, Sean Bean.

Il videoclip è stato diretto da Joseph Kahn e ha vinto per la Miglior Fotografia agli MTV Music Awards 2002 (direttore della fotografia: Brad Rushing). Il brano fa parte della raccolta “Songs For Tibet” atta a promuovere la pace e i diritti civili in Tibet e a sostenere l’attuale Dalai Lama.


Francesca Staropoli