Il Motomondiale, denominato più comunemente MotoGP, ha compiuto quest’anno la veneranda età di 70 anni. Nonostante il tempo, questa competizione non ha fatto altro che migliorare di anno in anno, ormai pronta a raggiungere risultati qualche tempo fa inimmaginabili.
MotoGP – Un tempo le gare motociclistiche venivano organizzate in maniera non ufficiale. I piloti correvano su circuiti improvvisati, attraversando qualsiasi tipo di manto stradale si presentasse davanti alle loro primordiali visiere. Per lo sport che tutti noi amiamo, il 1949 diventa il preludio alla bellissima storia che stiamo continuando a leggere nel vastissimo libro della MotoGP. Quell’anno nasceva la creatura che ancora oggi ci regala emozioni uniche ad ogni curva.
Come detto, il 1949 è considerabile come l’anno zero del Motomondiale. La fautrice di tutto fu la nascita della Federazione Internazionale di Motociclismo (FIM), la quale si mise all’opera per indire il primo campionato del mondo di motociclismo. Nacquero così le classi 125cc, 250cc, 350cc, 500cc e la classe riservata ai sidecar da 600cc. Il teatro della prima corsa della storia fu il tracciato TT dell’Isola di Man, mentre il primo titolo della 500cc andò al britannico Leslie Graham in sella ad una AJS.
MotoGP – Italia e Giappone sono inavvicinabili
Fino al 1974, solo due volte delle case che non fossero italiane si imposero nella conquista di un campionato del mondo. Erano gli anni dell’apoteosi di Gilera e MV Agusta, le quali grazie a Umberto Masetti, Geoff Duke, John Surtees, Liberato Liberati, Mike Hailwood, Giacomo Agostini e Phil Read conquistarono letteralmente il mondo. Le moto, le gomme e la tecnologia di quel tempo non permettevano delle guide spericolate, anzi. Il problema era cercare di domare quelle belve inferocite prive di quell’elettronica che ancora non si sapeva neanche cosa fosse. Bisognava solo scendere in pista e cercare di portare a casa prima la vita piuttosto che il risultato.
Nessuno come Giacomo Agostini
Il vero dominatore di quell’era rimane senza dubbio Giacomo Agostini, vincitore di 15 titoli mondiali totali di cui 8 in 500cc. E’ attualmente il pilota più titolato della storia, sopra ai 12+1 di Angel Nieto e ai 9 di Rossi, Ubbiali e Hailwood. Va ricordato però che Ago in quegli anni correva in due categorie contemporaneamente, collezionando altri 7 titoli in 350cc. Sembrava che il dominio italiano fosse inattaccabile, agevolato anche dal taglio dei costi imposto dalla FIM. Esso nel 1967 costrinse le case giapponesi a dedicarsi alle classi minori, lasciando ad MV la strada spianata. Purtroppo la festa finì nel 1975, proprio grazie a colui che aveva portato la MV ad essere la moto ambita da tutti.
Quell’anno la Yamaha ingaggia Agostini e vince il primo titolo della storia in classe 500cc per una casa giapponese. Sarà anche l’ultimo titolo di Ago nel Motomondiale. E’ l’inizio dell’era d’oro delle case nipponiche, la quale dura indisturbata ancora oggi e che fu macchiata solo nel 2007 da Stoner in sella alla Ducati.
MotoGP – America e Australia alla conquista del mondo
Dopo i primi trent’anni di dominio inglese e italiano sul fronte dei piloti, arriva il momento della scuola americana. Tutto comincia nel 1978 con Kenny Roberts Sr. in sella alla Yamaha, conquistando tre titoli consecutivi. Egli fu il primo a rivoluzionare il modo di guidare una moto da corsa. La potenza del motore 500cc a due tempi surclassava qualsiasi altro componente, dalla ciclistica alle gomme. Roberts sovrastò quei limiti, cercando uno stile che gli permettesse di creare maggior grip sulle gomme. Fu il primo a toccare il ginocchio sull’asfalto, facendo sbigottire il mondo intero e ponendo le basi per quello che sarebbe stato il futuro del modo di correre. L’americano fu il vero capostipite di una nuova era pronta a sbocciare di lì a poco.
Alternato dai titoli di Lucchinelli e Uncini su Suzuki, nel 1983 riprese il dominio americano grazie a Freddie Spencer, Eddy Lawson, Wayne Rainey e Kevin Schwantz. Essi condussero alla gloria Honda e Yamaha fino a che Schwantz non si impose in sella alla sua Lucky Strike Suzuki. In quei anni il mondo dei motori cominciava a farsi conoscere sempre di più, anche grazie alla purezza di questi talenti che verrà eguagliata nella seconda metà degli anni 2000 con Rossi, Lorenzo, Stoner, Pedrosa e Marquez.
Arriva la pazzia del continente ignoto
Dal titolo di Schwantz, l’America conquisterà solo altri due campionati con Kenny Roberts Jr nel 2000 e con Hayden nel 2006. Proprio nel 1994, arriva a farsi conoscere al mondo Mick Doohan. Prima di lui solo Gardner nel 1987 era riuscito a vincere un titolo mondiale per l’Australia. L’australiano mette in fila ben cinque titoli mondiali, prima che un grave infortunio lo costringa al ritiro mettendo sul trampolino di lancio all’interno di Honda HRC il numero 46 che tutti oggi noi conosciamo. In seguito, precisamente nel 1999, arriva anche il primo titolo mondiale per la Spagna grazie ad Alex Crivillé, compagno proprio di Doohan. Solo Casey Stoner riporterà sul tetto del mondo l’Australia, ma passeranno ben nove anni.
MotoGP – Dal 2000 ad oggi, da Rossi a Marquez
L’inizio del nuovo millennio vede il ritorno alla vittoria di Suzuki con Kenny Roberts Jr, figlio d’arte del ben più noto padre. Ma gli anni 2000 stavano per sfornare al mondo intero quello che da molti è considerato il miglior pilota che la storia abbia avuto. Già con due titoli in tasca tra 125cc e 250cc, nel 2001 Valentino Rossi vinse l’ultimo titolo nella storia della 500cc. Già perchè nel 2002 nacque una nuova classe regina, l’odierna MotoGP. E’ una svolta epocale. Finisce l’era dei due tempi e inizia quella dei quattro, passando da 500cc a 990cc.
Valentino oltre ai titoli che si porta a casa tra il 2001 e il 2005 in sella a Honda e Yamaha, porta al mondo dei motori un nuovo modo di vivere le corse. Egli doma da subito i nuovi prototipi, trovando con estrema naturalezza un equilibrio per gli altri utopico. Rossi diventa praticamente imbattibile, facendo del suo polso destro un meccanismo formidabile nonostante la brutale potenza che quei motori scaricavano sul posteriore. Valentino tornò a vincere nel biennio 2008-2009 portando a 7 i suoi titoli in nove anni, dopo che nel 2007 il regolamento fu di nuovo sconvolto. Le moto passarono a 800cc e la Ducati con Stoner balzo a bomba nell’olimpo dei motori, interrompendo finalmente il dominio giapponese. Casey vince grazie a uno stile tutto suo, innovativo. Il suo punto forte è l’utilizzo del freno posteriore come un vero e proprio traction control.
Rossi e Stoner rimangono, ma arrivano gli spagnoli
Intanto le gomme evolvono diventando sempre più prestazionali, le tute cominciano ad ospitare gli air bag. L’elettronica sta pian piano nascendo, ponendo le basi per il livello che raggiungerà ai giorni d’oggi. Nel 2009 viene introdotto il primo storico regime di monogomma, con Bridgestone che viene scelto come fornitore. Ad esso succederà il rientro di Michelin nel 2016. Il 2010 è l’anno di Jorge Lorenzo contro Rossi. L’ormai ex pilota di Yamaha, Ducati e Honda è il fautore della guida pulita e precisa, senza sbavature. Il titolo finalmente può tornare in Spagna dopo Crivillé, con Jorge che entra di diritto nel club dei più forti della storia. Da lì nessun italiano riuscirà più a vincere un titolo in top class. Cominciava l’impero spagnolo interrotto solo nel 2011 da Casey Stoner in sella alla Honda, un anno prima di ritirarsi.
Marc Marquez, la nemesi di Rossi
Nel 2012 le moto riacquistano potenza arrivando a 1000cc. Lorenzo riesce a riconfermarsi campione, ma nessuno sa che di lì a poco arriverà il momento di un’altra leggenda. Nel 2013, oltre al ritorno di Rossi in Yamaha dopo gli anni cupi in Ducati, sbarca in classe regina Marc Marquez. Il giovane 93 riesce a vincere il titolo al primo colpo, diventando il più giovane di sempre a riuscirci. Oltre ad un talento cristallino, egli porta in MotoGP uno stile di guida spericolato. Il corpo appeso alla moto, pieghe estremizzate con le spalle che sfiorano l’asfalto e chiusure di sterzo salvate grazie al ginocchio usato come perno. Nessuno riesce ad imitarlo. Marc per molti diventa la reincarnazione di Rossi, è imprendibile. Egli conquista dal 2013 al 2019 ben 6 titoli mondiali, escluso il tanto discusso 2015 a favore di Lorenzo.
Nasce la MotoGP più tecnologica di sempre
Nel 2016, per livellare il campionato e per ridurre i costi, viene introdotta la centralina unica Magneti Marelli. Insieme ad essa arrivano le prime appendici alari sui cupolini a richiamare molto i concetti utilizzati in F1. La Ducati è la fautrice del movimento, sfornando carene innovative e obbligando le case giapponesi a rincorrere. Le Michelin introdotte in quell’anno non danno fiducia ai piloti, ma è solo una questione di tempo. La casa francese riesce a progredire velocemente, arrivando nel 2019 ad un livello mai raggiunto prima. L’elettronica è ormai un elemento chiave per aggiudicarsi la vittoria. Rimanere indietro su questo campo significa abbandonare qualsiasi chance.
Ora le prestazioni sono estremizzate all’ennesima potenza, costringendo le case a non lasciare nulla al caso. I piloti sono ormai dei veri e propri atleti ligi alla dieta ed a duri allenamenti, diversamente da quando fumavano e bevevano birra prima di presentarsi al via di una gara. E’ un continuo processo di evoluzione, che non si è mai fermato dalla sua nascita. Il 2020 è alle porte pronto a battere altri record. I vecchietti vogliono rivendicare la loro forza, mentre i giovani Vinales, Quartararo, Miller, Bagnaia, Morbidelli, Rins e Mir puntano a diventare i nuovi capibranco. Non resta che aspettare e leggere un’altra fantastica pagina di storia di questo interminabile libro.
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