MotomondialeMotori

Motomondiale | I piloti giapponesi degli anni ’90

Non solo Tamagotchi, anime e sushi: l’invasione nipponica degli anni ’90 ha portato con sé numerosi talenti di scuola giapponese che hanno conquistato il cuore dei tifosi. Ricordiamone alcuni tra i più vittoriosi.

Piloti giapponesi degli anni ‘90 – A cavallo tra gli anni ’50 e ’60 l’economia giapponese crebbe vorticosamente ed Honda, Yamaha e Kawasaki divennero colossi nella produzione di moto. Già nel 1961 Honda conquistò due titoli mondiali con Mike Hailwood e, lo stesso anno, Kunimitsu Takahashi divenne il primo pilota giapponese a vincere un Gran Premio. A partire dagli anni Settanta la moto divenne un oggetto di tendenza, l’alternativa “acchiappa-ragazze” alle quattro ruote ed il mercato fu invaso da Jappo all’avanguardia, veloci e bellissime. La svolta nel campionato mondiale avvenne poi nel 1987 quando si tornò a correre a Suzuka e pochi anni dopo con Noboru Ueda che, reduce dalla bellissima esperienza in Europa, spinse tanti giovani connazionali a correre nel Motomondiale. Fu l’inizio del periodo d’oro del Sol Levante.

Noboru Ueda e Valentino Rossi al GP d'Austria del 1997
Noboru Ueda e Valentino Rossi al GP d’Austria del 1997 – Photo Credit: Twitter @bgmotogp

Piloti giapponesi degli anni ’90 – Tetsuya Harada  e una coppa per due

Era il 1993 e Tetsuya Harada correva per Yamaha nella categoria di mezzo. Quell’anno il campionato fu caratterizzato da una lotta serrata tra il giapponese e il centauro Honda Loris Capirossi combattuta a suon di duelli fino all’ultima gara. Alla fine la vittoria andò ad Harada per soli 4 punti su Capirossi. Ma nel 1998 ci fu un clamoroso déjà vu quando Capirossi, tornato in 250 dopo una brutta esperienza in 500, si ritrovò compagno in Aprilia dell’acerrimo rivale. Di nuovo in lotta per il mondiale, di nuovo fino all’ultima gara passata poi alla storia.

In Argentina i due piloti diedero vita ad uno scontro epico quanto devastante quando, all’ultima curva dell’ultimo giro, Capirossi entrò con così tanta foga da toccare il povero Harada che finì rovinosamente a terra. La vittoria mondiale andò così a Capirossi. Harada non la prese affatto bene ed arrivò a denunciare l’italiano alla giustizia sportiva che lo assolse poco dopo. Oggi quell’antico risentimento non c’è più tanto che i due si frequentano spesso.

Harada e Capirossi ormai riappacificati
Harada e Capirossi ormai riappacificati – Photo Credit: redbull.com

Piloti giapponesi degli anni ’90 – Tadayuki Okada e la fedeltà all’Ala Dorata

Okada fu il pilota giapponese più vittorioso nella classe 500. Iniziò a correre nel campionato nazionale giapponese per poi passare al Motomondiale della quarto di litro nel 1993 come pilota del team ufficiale HRC. Delle tre stagioni nella categoria di mezzo la migliore fu quella del ’94 che concluse con un secondo posto generale alle spalle di Max Biaggi. Due anni dopo passò alla 500 sempre fedele alla Honda. Complessivamente vinse 4 gare finendo 17 volte sul podio. Nel ’97 finì secondo in campionato alle spalle del cannibale Mick Doohan. Dopo il ritiro dalle corse continuò a lavorare per Honda prima come collaudatore poi come manager. Oggi è proprietario del team Moto3 e Moto2 Honda Asia il cui intento è quello di lanciare talenti asiatici che da tempo non vincono titoli nel Motomondiale.

Tadayuki Okada in sella alla sua Honda
Tadayuki Okada in sella alla sua Honda – Photo Credit: boxrepsol.com

Piloti giapponesi degli anni ’90 – I fratelli Aoki: un mestiere di famiglia

Nobuatsu è il maggiore dei tre fratelli Aoki, tutti piloti che hanno militato nel campionato mondiale dei primi anni ’90. Benché Nobuatsu abbia conquistato il terzo posto nella classifica generale della mezzo litro nel 1997, è Haruchika, il minore dei fratelli, ad essere il più vittorioso dei tre. Haruchika approdò in 125 nel 1993 e due anni più tardi ottenne il primo titolo iridato dominando la stagione con 7 vittorie. L’anno seguente bissò il successo mondiale. Negli anni a seguire ottenne però risultati mediocri che lo convinsero a ritirarsi.

I fratelli Aoki posano insieme a Suzuka
I fratelli Aoki posano insieme a Suzuka – Photo Credit: Twitter @JesSanSan

Anche Takuma, secondo dei fratelli, era un promettente pilota. Gareggiò in 500 nel 1997 come pilota del team ufficiale Honda Repsol. Quell’anno arrivò quinto in classifica generale. La sua carriera fu stroncata l’anno seguente a soli 23 anni a causa di un grave incidente a Suzuka che lo costrinse sulla sedia a rotelle. Nel 2019 è tornato in sella su una moto speciale nata grazie al progetto “Takuma Riders Again” fortemente voluto dai fratelli.

I fratelli Aoki posano con la moto ideata per Takuma
I fratelli Aoki posano con la moto ideata per Takuma – Photo Credit: corsedimoto.com

Piloti giapponesi degli anni ’90 – Norifumi Abe: l’idolo del campione

Norifumi amava le moto già da bambino. Nel 1994, quando si iscrisse al GP di Suzuka come wild card, tutti gli occhi erano puntati su quell’esile ragazzo dai lunghi capelli neri che guidava in modo unico. Arrivò persino a lottare per la vittoria con Schwantz e Cadalora prima di scivolare a due giri dal termine. In quell’occasione non passò inosservato: Kenny Roberts gli offrì un posto in Yamaha per i due anni successivi. Un promettente quindicenne di nome Valentino Rossi, ammaliato dal giapponese, decise persino di assumere il nomignolo Rossifumi in suo omaggio.

Gli anni a seguire furono dominati dall’inarrestabile Doohan. Abe, pur non brillando, riuscì a mantenersi intorno alle posizioni importanti, accompagnato da un briciolo di sfortuna. Rossi e Abe divennero compagni di squadra nel 2000 e fu proprio Norifumi a collaudare la moto che l’anno dopo porterà Valentino alla vittoria. Morì nel 2007 a soli 32 anni quando a bordo della sua moto un camionista gli tagliò la strada nella città di Kawasaki. L’anno seguente sul podio di Motegi Rossi venne eletto campione del mondo e dedicò la vittoria a quello che fu suo idolo e compagno.

Norifumi "Norick" Abe
Norifumi “Norick” Abe – Photo Credit: ayabusa3.2ch.sc

Piloti giapponesi degli anni ’90 – Shinya Nakano: talento e sfortuna

Nel ’98 Shinya Nakano debuttò nel Motomondiale della quarto di litro come wild card. Ottenne due ottimi risultati in Giappone e Australia che gli valsero la promozione a titolare del team Tech3. Il ’99 si concluse bene con un quarto posto in campionato ma l’anno d’oro fu il primo del nuovo millennio: con 5 vittorie e 11 podi arrivò a Phillip Island con un titolo da contendersi contro il compagno di squadra Olivier Jacque. Il giapponese fu quasi sempre davanti al francese che però lo beffò in volata per soli 14 millesimi. Nakano perse il titolo e l’anno dopo passò in 500 con un prosieguo non proprio positivo.

La sua avventura nella classe regina viene purtroppo ricordata per un episodio sfortunato: l’incredibile botto al Mugello causato da una gomma esplosagli a 330 km/h! Gli scarsi risultati ottenuti negli anni a venire ed i dolori alla schiena lo costrinsero al ritiro a soli 32 anni.

Piloti giapponesi degli anni ’90 – Il ricordo di Dajiro Kato

Dajiro Kato esordì nel Motomondiale come wild card della 250 arrivando terzo nella gara di casa a Suzuka nel 96 e primo l’anno successivo. Nel 2000 ottenne una sella da titolare nel team Honda Gresini e vinse quattro gare arrivando terzo in campionato. Fu il mattatore del campionato 2001: con la bellezza di 11 vittorie si laureò campione del mondo della quarto di litro. L’anno seguente arrivò settimo nella classe regina guadagnandosi il titolo di rookie dell’anno.

Kato campione del mondo col team Honda Gresini – Photo Credit: corsedimoto.com

Il 6 aprile 2003 a Suzuka Dajiro partì undicesimo dopo una qualifica rovinata dalla pioggia. Il GP prese il via con asfalto asciutto ma alla fine del terzo giro, alla curva che precede l’ultima chicane, l’Honda di Kato batté violentemente sulle protezioni a bordo pista. Dajiro ci lasciò a soli 27 anni. Secondo le informazioni date all’epoca da Honda, la causa della morte fu un muretto mal disposto nella via di fuga. La caduta fu addebitata ad un errore del pilota.

Per ironia del destino la stessa situazione si ripeté nel 2015 durante la 8 Ore di Suzuka: Casey Stoner ebbe un orribile incidente, fortunatamente con conseguenze diverse, e lanciò parole di fuoco contro Honda per via del comando del gas che si era bloccato costringendo di fatto il team a confermare. Kato non ebbe la stessa fortuna e le cause della sua tragica scomparsa continuano ad essere coperte da un muro di omertà.

SEGUICI SU:

Pulsante per tornare all'inizio