Credo che chiunque conosca il cartone animato Disney Mulan e sfido chiunque a non ammettere di aver cantato almeno una volta “E sarai veloce come è veloce il vento..”. Riconosciamo tutti il ruolo a cui Disney ha relegato il genere femminile: principesse belle (ma che non ballano, o per lo meno non spiccano per grandiose qualità se non quelle canore), tendenzialmente in pericolo e in attesa di essere salvate dal principe azzurro. Questa, per lo meno, era la tendenza del primo filone dei cartoni animati Disney. La svolta arrivò con la Sirenetta, impavida, coraggiosa, autonoma ma che (guarda un pò) perde la voce per poi riacquistarla solo alla fine per dire Si al suo amato belloccio.
Quando nel 1998 venne rilasciato Mulan, l’opinione pubblica fu stravolta dall’ondata di novità che il personaggio rappresentava: una donna forte, consapevole e soprattutto femminista. Almeno così sembrerebbe da una prima lettura.
Personalmente ho guardato Mulan un centinaio di volte, avevo persino la cassetta. Mi piaceva l’ambientazione, le canzoni, la storia. Si perché è una bella storia: una figlia dedita alla famiglia, ma soprattutto spinta da un profondo amore per il padre, si sacrifica prendendo il suo posto in guerra. Wow! Siamo ben oltre le mele avvelenate e i baci ristoratori. Mulan non è stata salvata da nessuno anzi, è stata lei a salvare qualcun altro (ha salvato la Cina!).
Poi ho rivisto Mulan, adesso
Per puro caso mi sono ritrovata a guardarlo pochi giorni fa, ma qualcosa era cambiato.
Non la storia, bensì io.
Saranno passati degli anni dall’ultima volta. Io, comunque, credo pacificamente nella parità di genere e alcune scene in Mulan mi hanno fatta abbastanza incazzare.
Sin dalla prima canzone, in cui la futura eroina si prepara per presentarsi al cospetto della Mezzana, le mie viscere hanno iniziato ad attorcigliarsi.
Perché mai una donna forte e indipendente come Mulan dovrebbe sentirsi così in obbligo nei confronti della famiglia al punto di sposarsi? Come se il matrimonio fosse l’unico modo affinché una figlia possa portare onore alla sua famiglia. Tipico della Disney.
Ma non solo!
La troviamo poi ad adattarsi al punto da essere non una compagna di vita bensì una sposa obbediente, una moglie devota. In pratica una serva con messa in piega e gambe depilate 365 giorni all’anno. Ancora una volta la Disney non riesce a proporre un personaggio forte senza questa convinzione retrograda che una donna sia tale solo se sposata.
Mi ha molto colpito poi Mulan nel tentativo di distogliere il padre dall’accettare l’ordine di andare in guerra. Non per il linguaggio sessista quanto per la strategica mossa della Disney.
Mulan si intromette nella conversazione ma viene maleducatamente interrotta da questa frase:
“Faresti bene a insegnare a tua figlia a trattenere la lingua in presenza di un uomo!”
Prego? Tra l’altro non riferita a lei, indegna anche di ricevere risposta.
In questa scena si cerca di estremizzare il ruolo che sta “stretto” alla nostra eroina, utilizzando gli stessi canoni cui però poi è sottoposta veramente. Il paradosso sottile è che crediamo che questa scena serva a criticare l’atteggiamento che Mulan subisce, ma poi la Disney cerca comunque di farcelo accettare (e di buon grado). Una gran furbata.
Avere valore solo se si “diventa uomini”:
Il gesto di Mulan di prendere il posto del padre, travestirsi da uomo e partire è visto dai molti come un atto di eroismo, certo. Ma avete mai notato che nel momento in cui si scopre che Mulan in realtà è una donna la sua credibilità crolla? Nonostante i numerosi tentativi e sforzi nell’adattarsi ad un mondo di uomini. Un mondo di uomini e per gli uomini.
Perchè la guerra, o qualsiasi luogo che non sia una cucina o un letto ben fatto non è posto per una donna.
Non possiamo negare elementi innovativi per la cultura di genere. Il travestimento di Mulan, oltre ad essere un chiaro esempio di fluidità di genere che dimostra quanto il genere (inteso come maschile/femminile) sia solo un atto performativo, un’azione del corpo che quindi possiamo modulare a nostro piacimento.
Ma nemmeno qui ci si distanzia dal concetto culturale di “supremazia maschile”:
E anche quando alla fine salva la Cina e l’imperatore le offre un lavoro normalmente occupato da un uomo, una posizione di prestigio che avrebbe potuto creare un precedente utile alle successive generazioni di donne ambiziose, lei lo rifiuta per tornare a casa.
Scelta più che lecita eh, anche se mi sarei aspettata di più. Ed anche quando torna, riempita degli onori di un intero paese, viene accolta con un “ Brava! Ha portato a casa una spada. Secondo me un uomo doveva portare!”
Santi numi!
Mulan non riesce a superare la dicotomia sociale del “maschile” contro il “femminile”:
Abbiamo visto come in Mulan ci sia la caratteristica del genere come atto performativo. Un passo fondamentale per la comprensione della parità di diritti, ma ancora non si riesce a dare un quadro completo. Come ogni film Disney, si separa comunque l’azione in base al ruolo. Anzi sembra che Mulan sia costretta ad assumere la veste di uomo solo come espediente per agire come tale, senza minare alla sacra dicotomia maschiile\femminile.
Sì Mulan s’è vestita da uomo e ha combattuto per la Cina. Questo dimostra sicuramente coraggio, ma bisogna per forza scegliere? Una donna è necessariamente posta dinanzi alla scelta tra madre e donna in carriera? Credo si possa essere entrambe: possiamo essere la santa e la peccatrice; l’infermiera e la mangia-uomini; l’hostess e il giudice di pace; il diavolo e l’acqua santa.
In conclusione:
Internet è piena di articoli e studi sul ruolo sociale e culturale svolto dalle principesse Disney, così come sono tanti i riferimenti al filone femminista ma sono altrettanto tanti i commenti negativi. Alcuni ricercatori sostengono che il ruolo personificato dalle principesse sia equivocabile: la loro utilità si riversa nel matrimonio, nell’essere di bell’aspetto. Gli stereotipi abbondano anche quando si cerca di mascherarli dietro un finto “femminismo”, i ruoli sociali resta ben marcati: l’uomo è forte, la donna è debole. Ma una cosa che mi è saltata all’occhio è stata che neanche ai maschietti, almeno nei cartoni Disney, è permesso allontanarsi dal binario della mascolinità. Se non sei un uomo forte e veloce come il vento, non sei l’uomo che cerchiamo.
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